martedì 12 aprile 2022

IL QUASI INVISIBILE DI STRAND

 


                                                           Mi sono stancato della luna...



NOTTURNO DEL POETA CHE AMAVA LA LUNA


Mi sono stancato della luna, stancato di quell'aria attonita, di quel ghiaccio azzurro del suo sguardo, dei suoi arrivi e delle sue partenze, del modo in cui avviluppa amanti e solitari sotto le sue ali invisibili, senza saperli distinguere. Mi sono stancato di così tante cose che un tempo mi incantavano; sono stanco di guardare l'ombra delle nuvole passare sull'erba illuminata dal sole, di vedere cigni che scorrono avanti e indietro sul lago, di scrutare nel buio, sperando di trovare l'immagine di un sé non ancora nato. Lasciamo che la semplicità penetri l'occhio, semplicità come un tavolo su cui non è apparecchiato niente, come un tavolo che ancora non è nemmeno un tavolo.



                                    ***


UNA LETTERA DA TEGUCIGALPA


Cara Henrietta,

visto che sei stata tanto gentile da chiedermi perché non scrivo più, farò del mio meglio per risponderti. Ai vecchi tempi, i miei pensieri sfavillavano come minuscole scintille nel buio quasi assoluto della consapevolezza e io li trascrivevo e, pagina dopo pagina, rispendeva di una luce che dichiaravo tutta mia. Sedevo alla scrivania, sbalordito di ciò che era appena successo. E persino mentre guardavo le luci affievolirsi e i miei pensieri diventare piccoli mausolei senza alcun senso nel lucore residuo di tanta promessa, restavo ancora sbalordito. E quando scomparivano - com'era inevitabile - io ero pronto a ricominciare, pronto a restare seduto al buio per ore ad aspettare anche un'unica scintilla, nonostante sapessi che non avrebbe quasi per nulla emesso luce. Quello di cui non mi ero reso conto allora, ma di cui mi rendo conto fin troppo bene adesso, è che le scintille portano dentro di sé il desiderio di essere sollevate dal fardello della lucentezza. Ed è per questo che non scrivo più, e che il buio è la mia libertà e la mia contentezza.



                                     ***


ARMONIA NEL BOUDOIR


Dopo anni di matrimonio, lui sta in piedi in fondo al letto e dice alla moglie che lei non lo conoscerà mai, che per ogni cosa che dice ch'è dell'altro che non dice, che dietro ad ogni parola che pronuncia c'è un'altra parola, e centinaia d'altre dietro a quella. Tutte le parole non dette - spiega - contengono il suo vero sé, che è stato tradito dal sé superficiale che le sta davanti. " Così, vedi, ", continua, scalciando dai piedi le pantofole " io sono più di quello che ti ho indotto a credere che sono." " Oh, che sciocco " replica la moglie, " ma è ovvio che lo sei. Io trovo che il solo pensarti con così tanti sé che recedono verso il nulla sia molto eccitante. Che tu a malapena esista così come sei non potrebbe darmi più piacere".



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SULLA BELLEZZA OCCULTA DELLA MIA MALATTIA


Ogni volta che pensavo alla mia malattia, sentivo il suono malinconico di una viola. Quando la descrissi al mio dottore, anche lui sentì lo stesso suono. " Lei dovrebbe tenersi la sua malattia per sé", mi apostrofò. Un giorno sereno d'estate uscii all'aperto e uno stormo di corvi mi si raccolse attorno, in silenzio. Lo interpretai come un tributo occulto alla bellezza della mia malattia. Quando lo riferii al medico, lui disse : " Può darsi che la sua malattia si stia propagando e potrebbe rovinare tutto. Perciò, d'ora in avanti non sarò più il suo medico ". Ieri, mentre meditavo sulla mia malattia, ho visto i miei genitori, nudi nella calura infernale, che sussurravano e si baciavano. Mi preoccupai che la mia malattia mi stesse portando chissà dove, e rivolsi l'attenzione a una città lontana, al suo orologio dorato, alle sue ville di pietra bianca, ai viali affollati di angeli che si riparavano gli occhi dal sole.



                                       ***


IL TRIONFO DELL'INFINITO


Mi alzai nel cuore della notte e mi recai in fondo al corridoio. Sulla porta si leggeva a caratteri cubitali : " Questa è la prossima vita. Prego, entrate ". Aprii la porta. All'altro capo della stanza un uomo barbuto che indossava un completo verde, si volse verso di me e mi apostrofò dicendo : " Meglio che si prepari, prendiamo la strada più lunga."  " Adesso mi sveglio " pensai, ma mi sbagliavo. Intraprendemmo il viaggio in una tundra dorata e su lastre di ghiaccio. Poi intorno a noi non vi fu niente per miglia e miglia, e l'unica cosa che ero in grado di sentire era il mio cuore che pulsava, pulsava così forte che pensai che ero sul punto di morire di nuovo.




                 Mark  Strand  da   Quasi invisibile  Trad. di  D. Abeni



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