sabato 2 aprile 2022

LETTERATURA DELLA CATASTROFE

 


                                            L' uomo pregò il dio dell'acqua e della luce...






MENTRE LA PIOGGERELLINA SORDA

" In pochi anni un lago", disse l'uomo.
Il fiato in nuvole di vapore,
mentre il faggio, che ne accompagnava gli argini,
radicava dentro una pianura
alluvionale. Lo raggiunse
un ticchettìo, una voce, un raggio
grigio e vecchio di quarant'anni.
Nel duemila qualcosa calcolarono
nel duemila qualcosa arcipelaghi,
corolle alpine e sopra cembri
e alghe dai cembri.
Torbiere, schizzi fossili,
riflessi sul thread dell'acqua e della luce.
L' uomo pregò il dio dell'acqua e della luce
ma il lago non era più lì. C'erano lappole
e faggiole cristallizzate nelle fauci del cinghiale
e nel sangue. Mentre una pioggerellina
sorda attutiva la preghiera, dentro,
- sempre più simili a barricate - i primi
tre acri d'informazione.


                                             ***

AIRONI SCUOIATI IN PIANURA

Ci sono aironi scuoiati in pianura
e cicisbei che gocciano come ghiaccioli,
annaspano in un riflesso trasudando.
Oltre quel punto in pianura si disegna
l'orbita di una caduta. La parallasse
dall'occhio del cicisbeo all'ombra del tiglio
si riverbera in giugno, poco sotto i 40.
Col suo corpo sfilacciato l'airone
si tuffa in un mare più grande
e il tempo passa. Poi riemerge,
apparato psicometrico, termometro,
per ricompattarsi dall'altro lato
della caduta.


                                                 ***

IL LIEVITO DELLA TRASPARENZA

Cespi dorati e uomini dirupano
tra le ombre. Così, trasfigurati
in pianeti, gravitano nel buio.
Cicli verdi tagliano il buio
mentre la traiettoria s'incurva
e rotola nella luce.
Raggiunto il traguardo della trasparenza
diluviano su una guaina vuota.
Il sacco si riempie di spore
e la cascata diventa più opaca,
più pesante, spacca la membrana,
cade nell'occhio che chiude la palpebra.
La favola senza focus, senza uomo,
nel ciglio e nel timpano dell'orizzonte.


                                         ***

C'era un occhio ad accompagnarci
sempre nell'angolo della stanza,
silenzioso, ma non lo sapevamo
e non volevamo saperlo.
Nel deserto, dopo le prime tribù,
non riconobbi il senso di affacciarmi
per paura di membra brutali,
per non dire l'abbraccio dei figli
dopo il tramonto, dopo il travaso
domestico, dopo l'ascolto.
Eppure dall'angolo della stanza,
gonfio di fruscii e vibrazioni,
l'occhio - ma non lo sapevo -
era ferito e imprigionato - dopo
le tribù, le organizzazioni complesse -
in una tenue dissociazione giornaliera.


                                                ***

ARTICO DEI PRIMI PASSI

Erano costellazioni di ghiaccio
i primi animali ad essere immaginati,
non pianeti o organismi, ma lastre
galleggianti nella materia
liquida dei primi pensieri.
La guaina esplose nella sensazione
confortevole di quell'abbandono.
Le lastre della preghiera riflettono
l'occhio che rifiutiamo di svegliare.
Ed ecco che scappano al lavoro
che li dimentica e succhia.
I  primi orsi lungo tutti i passi
che sappiamo e decantiamo.



                Gianluca  D' Andrea   da   Dentro le orme per farne semi




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