L' Accademia dei Ciechi ha deliberato: Michele Mari deve scrivere la sua autobiografia.
Se hai avuto un padre il cui carattere si colloca all'intersezione di Mosè con John Huston e una madre costretta a darti il bacino della buonanotte di nascosto, allora l'infanzia che hai vissuto non poteva altro che definirsi " sanguinosa ". Poi arriva l'adolescenza, e fra un viscido bollito e un Mottarello, in trattoria, avviene l'incontro fatale: una cameriera volgarotta e senza nome che accende le fantasie erotiche del futuro poeta. Assieme a lei, in una " leggenda privata" documentata da straordinarie fotografie, la famiglia dell'autore e il suo originalissimo lessico. E poi la scuola, la cultura a Milano negli anno Sessanta e Settanta, dove fanno incursione illustri comparse come Dino Buzzati, Eugenio Montale, Enzo Jannacci, Giorgio Gaber.
Chiamando a raccolta tutti i suoi fantasmi e tutte le sue ossessioni, Michele Mari passa al microscopio i tasselli di un'intera esistenza: la sua, in un romanzo giocoso ( dove ha gran parte un'amara ironia ) e serissimo, che è anche un atto di coerenza verso le regioni più esose della letteratura.
( f. )
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