(...) Tu hai nel petto un garbuglio di cose che ronzano come un'arnia d'api al lavoro. S'apre uno spiraglio nell'arnia; il capo del verso, come un'ape d'oro appare, sull'orlo, fremente, sta per spiccare il volo e sdipanare il garbuglio dello sciame. E a un tratto, in quel deserto, appare un fiore giallo, a sinistra, lontano, poi un altro, e sembra vicino, ma è rosso, sulla destra. Sono apparizioni che sorprendono il poeta e che fantasticamente si replicano. Altro rosso, altro giallo, e un violento azzurro punteggiano il deserto: e sono parole che contengono un nesso segreto, quasi mostruoso, con quello che vuole il poeta, il suo discorso che ronza, lo sciame che vola. Quello che era intenzione della natura del discorso si eleva ad altra potenza correndo ad investire questi suggerimenti di colori ritmati che moltiplicano secondo il bisogno le loro apparizioni, le loro corrispondenze. E il discorso che era tutto dentro l'arnia, sta ormai sciamando a precipizio con l'ardente sua fame verso i richiami dei fiori che sbramano la sua passione di impossessarsi di una ragione sconosciuta.
Ogni fiore era una rima, e adesso capisco che ognuno di essi conteneva un potenziale che il poeta non inventava da sé, ma che rispondeva, come predisposto, alla supplica ardente di quella fame compressa. Chi ha assistito a questa vicenda di parole che s'appostano lontano a creare la danza ancora insospettabile della poesia rimata, sa benissimo che da solo non ce l'avrebbe fatta. Una grande carità è scesa verso la fame d'esprimersi che lo divorava. (...)
Carlo Betocchi da Diario della poesia e della rima
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