sabato 16 gennaio 2021

CARTAS A KATHERINE 1

 




                                                       Poi, d'improvviso, è arrivata la luce...



VALENCIA    28 AGOSTO 1932


Alla stessa ora, nella stessa oscurità della stessa notte, due treni, correndo uno verso il Nord, l'altro verso il Sud. La stessa musica, Katherine, amore, la stessa che abbiamo ascoltato. Questa musica che produce il treno, metallica, monotona, semplice. Non puoi immaginare quanto mi abbia consolato questo pensiero: guardavamo la stessa cosa. Ci circonda questa ninna nanna selvaggia e semplice, questa involontaria musica della ferrovia. Io ero rinchiuso con te. Ho speso i miei ultimi soldi per il wagon-lit per non vedere nessuno durante la notte. Rinchiuso in questo cassetto magico, disteso a faccia in su, guardando dove ? A un cielo, che si chiama Katherine Reding, a un mondo che si chiama Katherine Reding, a un passato e a un domani che si chiama Katherine Reding. Come si sta bene così, con la testa in su, orizzontale, solo! Dormire, non dormire! Non lo so. Ma in questa posizione, nel pieno della notte, con questo rumore del treno, tutto sembra possibile, tutto è materia plastica alla quale noi diamo la struttura del desiderio. Quindi la vita è forma del desiderio. Sospensione della legge del giorno, delle regole di luce e misure, grande disfatta, grande fuga al campo dell'amato, dell'atteso. La notte permette tutto. Tutto. Questa formidabile dedizione della notte alla nostra vita interiore, è un gran compenso ai doveri, alle faccende del giorno! Amore, questa notte l'ho passata tutta così, vagando con te per strade senza città, per praterie senza terra, per giorni senza tempo. Poi, d'improvviso, è arrivata la luce. Il giorno. La verità. Necessità di alzarsi. Verticalità. " In piedi, in piedi, dobbiamo provare a vivere! ". In piedi, sì, dobbiamo provare a vivere. Mi sono svegliato come un ubriaco, ho messo la testa nell'acqua che scorre dal lavandino. Mi sono guardato allo specchio. Di chi, di chi è questa faccia angosciata che vedo? E' la mia. Bisogna vivere con lei, con l'angoscia. Dopo, quando esco nel corridoio, mi metto a far pace con il mio viso, a far pace con la luce, con il paesaggio, con la forma che la vita prende davanti a me. Dobbiamo provare a vivere! Forza! E ho cominciato a cercare di vedere ciò che i miei occhi vedevano, ciò che ascoltavano le mie orecchie; ho iniziato a provare a vivere dove vivo. Vivo? O sono un'ombra enormemente protratta di qualcosa che visse in un'altra parte? Katherine, bisogna conquistare il mondo un'altra volta : in questi giorni l'avevo perso. L'avevo raggiunto. Avevo raggiunto l'aldilà.  Addio amore. Non preoccuparti per me. Vivrò, vivrò per ciò che verrà, per ciò che va via, camminando come un acrobata sulla corda, con due enormi pericoli sui lati. Con il pericolo di cadere di testa ogni momento, di rompersi l'anima contro il passato e il futuro. Sì, difficilissima la vita, il coraggioso avanzare verso il presente. Ma bisogna farlo per poter amare un'altra volta.


                                       Pedro



      Pedro  Salinas   da     Cartas a Katherine  Whitmore ( Lettere 1932, 1947 )


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