E metter piume amorose per la notte che viene...
ROTONDA LA TERRA
Rotonda la terra, scena che si ripete,
in te, dal saluto serale: consuetudine
mia planetaria, con te e i tuoi tramonti:
trasalimento, di tegola in tegola,
del mio vivere che se ne va col tuo
trapassare, lume diurno, lento,
sul tetto davanti casa; e il mio formarsi,
intanto, un petto come di colomba;
e metter piume amorose per la notte
che viene; ravvolgermi unitario
con essa; pigolìo interiore, perdita
dell'umano: divenire mio universale.
***
LA VERITA'
La verità ,oltre la lucida fibra
dei sensi, va verso la squallida,
l'infinitamente squallida plaga
dell'eterno. Ma, ahi noi! che qui sostiamo
al sole del tempo, noi abitanti
dell'effimero, lungi dall'affascinante
tenebra dove tutti i misteri tralucono!
Palpitava di brezze il cielo al quale alludo
allorché mi si rivelò, e fu per un istante,
e i voli delle veridiche colombe
mi trascinavano senza respiro;
e io gioivo del mio morir come foglia
al quieto transito d'un giorno d'autunno.
***
MENO CHE NULLA SON IO
Meno che nulla son io, nella mente
che invecchia male e incerta
afferra le idee che vi divagano
fantasticanti: eppure sono ancora
creatura, e non è detto che da me
così squallido, così passivo e inerte,
non emani, come ora che scrivo,
il senso eterno di quell'eterna
povertà che ci è propria, a noi che viviamo
nel tempo, sulla cui nera lavagna
scriviamo col gesso dei giorni parole
che sempre biancheggiano, per Lui che le legge,
pupilla d'aquila, solo compagno sapiente.
***
SALMO
Quando invecchiamo, fatti più sordi alla rima
e a quel mitico batter dei ritmi
che amore interno dettava, una cosa
sola, un esister confuso coi freschi
pigmenti degli anni giovanili;
allora un ciuffo di pini su un monte,
una gran macchia verde ci commuovono
col silenzio, e siamo come silenzio
che non si perde nel nulla, ma entra
in noi per farsi conoscere, come
lampa di lauro profuma la macchia
nell'alido, col suo sentore amaro:
sì, la vecchiaia è una nuova stagione,
e la morte una stagione più alta, od umile,
di foglia secca per quei tabernacoli della
requie del canto che non serve più.
***
NE' MIEI PANNI
Tant'è. La mia fede, che non è fede,
è condita di quel coraggio di roccia
che ne fa masso, veemente d'esistere
così com'è, e nell'inesausto mutarsi
certa di essere. Così la gran parte
di me, in bilico come il masso,
ragiona, se può dirsi ragione
quella sua carità, quel suo duro
consistere per sé e per l'ignoto, resistere,
non sapersi che cosa di un mondo
dove altra legge non sia più sicura che quella
della gravità, che tutte le contiene,
e che tutte trascina all'asilo
irrequieto del suo immobile stare.
Carlo Betocchi da Poesie del sabato
Grande Vecchio, modernissimo Betocchi, come noi oggi (après coup) "fatti più sordi alla rima"; ma egli di tanto più sensibile alle assonanze, quasi rime, echi interni ecc. Bello! grazie...
RispondiEliminaM.
Mi rende molto felice questo suo commento perché anch'io amo molto la delicata sensibilità di questo poeta e mi è piaciuto anche tanto condividerlo.
RispondiEliminaNon so se i brani che ho abbinato ricreino in qualche modo l'atmosfera dei versi ( come ho già avuto modo di dire qui, questo aspetto è quello che mi impegna di più , senza neanche sapere se poi ottengo il risultato voluto ... ). E' pur vero che si tratta di sensazioni soggettive, ma mi piacerebbe molto avere un parere da chi legge ( si accettano anche suggerimenti! ).
Intanto la ringrazio per il suo intervento ( che mette in luce ogni volta aspetti inediti del post... )