Piango il mondo prima di me
il mondo ingiusto, che tu sfinirai.
Attenderemo soli uno spiraglio
sfasciando la vita che ci trascina
continenti, scagliati - ciò che deriva
serberò in te quel che non resta.
***
L' amore è un passaggio, qualcosa che
non sarà mai, tuo o mio, né nostro.
Così amiamo, i nuclei lasciati
per essere felici essere vivi.
-
mi hai chiesto il senso e si sfrana
infinito fuori, oltre i muri del mondo
-
ma sai, nella strenua ricerca si è
perfettibili insieme o soli per sempre
animali nella radura di un sogno
che dirada. Pochi resti e altri slanci.
***
Sempre pensando a un mare che ci isola
guardiamo sconvolti alla vita di ieri,
a festa finita torneremo a riva
vedendo dove e senza chi si vive
sempre esclusi dalla tribù dei maschi
-
domu mea, oe istracca, lassada
aghervu ruende in custa vida maba.
***
FISSARE TROPPO A LUNGO
Dimentico per questo invento
-
domani lontana sarà una terra
non basterà, distesi sulla sabbia
non bastava eppure batteva dentro
a granelli man mano sbiadendo
come sfumarsi, come fiumi.
***
DIETRO QUESTA ARROGANZA
Stragi e ipocrisie, ma che ci fotte
tanto moriamo lenti viviamo veloci
le bombe chimiche stanno sui libri
la guerra resta una lontana chimera.
-
preferirei la galera comoda dei muri
scemare questo corpo, scagliare via ogni sogno,
fare seccare la sostanza, se muori così
-
con i soldi acquisterai la tua pace
sazierà le ossa e non sarai felice.
Francesco Ottonello da Isola aperta
(...) La poesia di Francesco Ottonello sta nel tentativo di raggiungere il punto in cui la propria singolarità si faccia altro, possa essere materia di vita altrui. Eppure, per quanto ci si possa provare, niente e nessuno potrà mai accogliere ciò che una volta si è stati : ogni momento è unico e siamo chiusi da un limite che, sebbene poroso, non ci è dato di aprire mai del tutto. E allora - ecco - la consapevolezza senza appello di un destino che non è di certo solo del poeta, ma si allarga ben oltre i confini biologici e di genere, per farsi riflessione offerta a una generazione di coetanei : " sarai sterile", dice il primo verso di questo libro. E l'eco di queste amare parole si riverbera per tutta la traversata delle pagine come lo sfondo necessario dei nitidi, lavorati versi di questo giovane autore che, se indugia nei propri ricordi e nelle proprie parentesi biografiche, lo fa soltanto per mostrare meglio questo " gesto" di cui consta la scrittura : dare qualcosa che non può essere ricevuto nella sua completezza, che nel donarsi si ritrae in un segno che ci lascia soli. (...)
Tommaso Di Dio
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