mercoledì 22 luglio 2020

LETTERE DI ABELARDO E ELOISA 6



LETTERA DI ELOISA

(...) Mi meraviglio, mio unico, che tu, contro le norme epistolari,
      anzi, contro l'ordine naturale delle cose, proprio all'inizio dell'
      intestazione della tua lettera, abbia osato anteporre me a te
      stesso, cioè una donna a un uomo, una moglie al marito, un'
      ancella al signore, una monaca al monaco e al sacerdote una
      diaconessa, all'abate una badessa. Secondo l'ordine giusto e
      decoroso- infatti - chi scrive a persone di pari o superiore
      dignità, deve anteporre al proprio nome quello di coloro a cui
      scrive. Se - al contrario -si rivolge a degli inferiori - chi
     precede gli altri per dignità,precede nell'ordine della scrittura.
     Mi ha molto colpito che tu abbia accresciuto la nostra 
     desolazione, quando avresti dovuto confortarci e consolarci, e 
     che ci abbia fatto piangere quando avresti dovuto asciugare le
     nostre lacrime. Non è possibile ascoltare ad occhi asciutti la
     frase che poni quasi alla fine della tua lettera : " Se il Signore
    mi consegnerà nelle mani dei miei nemici ed essi mi vinceranno
    e mi uccideranno...".
    O carissimo, con quale animo hai pensato una cosa simile, con 
    quale coraggio hai potuto dirla? Dio non dimentichi mai le sue
    ancelle al punto da farle sopravvivere a te!Non mi conceda mai
    una vita che sarebbe per noi più difficile da sopportare di
    qualsiasi morte. E' invece giusto che sia tu a celebrare le nostre
    esequie, a raccomandare le nostre anime a Dio, ad inviare al
    Signore, prima di te, coloro che riunisti nel Suo nome; allora
    non saresti più turbato da alcuna preoccupazione per noi, e
    ormai certo della nostra salvezza,potresti seguirci serenamente. 
    Risparmiaci, ti prego, o mio signore, risparmiaci parole simili
    con le quali hai reso noi, che già eravamo infelici, infelicissime,
    e non ci sottrarre, prima della morte ciò che, in un modo o nell'
    altro, ci aiuta almeno a vivere.
    Chiedi, o mio unico che, se per qualche motivo concluderai
    questa vita lontano da noi, facciano portare il tuo corpo al
    nostro cimitero perchè tu possa ottenere, con questo ricordo
    quotidiano, una messe più ricca delle nostre preghiere. Ma
    davvero puoi temere che il tuo ricordo possa svanire in noi?
    Come potremo pregare allora, quando il nostro turbamento sarà
    tale che non vi sarà più spazio per alcuna quiete,quando l'anima
    non sarà più capace di ragionare, né la lingua capace di
    pronunciare parole? Quando la mente , più irata contro Dio -
    lasciamelo dire - che rassegnata al Suo volere, non Lo
    supplicherà con le preghiere,ma Lo infastidirà coi suoi lamenti?
    Allora avremo molto tempo per piangere, non saremo in grado 
    di pregare, ma vorremo soltanto che fosse giunto anche per noi
    il momento di seguirti nella morte e non quello di seppellirti;
    allora saremo sepolte e non costrette a seppellire. Dopo la tua
    scomparsa, quando perderemo con te anche la nostra vita, non
    ci sarà più possibile vivere. Voglia il cielo che non si viva fino a
    quel giorno! Il pensiero della tua morte è già per noi una morte.
    Che cosa avverrà se ci sorprenderà davvero questa tragedia?
    Dio non permetta mai che noi, a te superstiti,ti paghiamo questo
    debito, che noi ti debba soccorrere con quell'aiuto che invece ci
    aspettiamo da te!. Noi, il cielo ci esaudisca, non vogliamo 
    sopravviverti, ma precederti nella morte.  (...)





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