venerdì 24 luglio 2020

LETTERE DI ABELARDO ED ELOISA 1




                Sarcofago di Abelardo e Heloise -  Cimitero di Pere- Lachaise, Parigi



LETTERA DI ABELARDO

(...) Che cosa posso dire? Prima ci ritrovammo uniti nella stessa 
      casa,poi nell'animo. Col pretesto delle lezioni, ci 
     abbandonammo completamente all'amore;lo studio delle lettere
     ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti
     i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d'
     amore che di studio; erano più numerosi i baci che le frasi, la
     mano correva più  spesso al suo seno che ai libri. E ciò che si
     rifletteva nei nostri occhi, era molto più spesso l'amore che
     non la pagina scritta, oggetto della lezione. Per non sollevare
     sospetti, a volte la percuotevo, ma ero spinto dall'amore, non 
     dal furore, dall'affetto, non dall'ira, e queste percosse erano
     più soavi di qualsiasi balsamo. Come concludere? il nostro
     desiderio non trascurò nessun aspetto dell'amore: ogni volta
     che la nostra passione potè inventare qualcosa di insolito,
     subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi
     piaceri, tanto più ardentemente ora ci dedicavamo ad essi e
     non ci stancavamo mai.
     Invaso completamente da questa passione, avevo sempre meno
     tempo libero per dedicarmi alla filosofia e ai compiti
     scolastici. Mi divenne quasi insopportabile recarmi a scuola o
     restarvi, e mi divenne anche molto faticoso, perchè di notte mi
     dedicavo alle veglie d'amore e durante il giorno alla studio. Le
     mie lezioni allora si fecero poco accurate e fredde: nessuna
     delle cose che dicevo era frutto del mio ingegno, ma solo della
     mia lunga pratica. Non facevo altro che ripetere ciò che avevo
     pensato precedentemente, e se inventavo qualcosa di nuovo, 
     erano poesie d'amore, non questioni filosofiche. Ancora oggi
     molte di queste canzoni sono conosciute e cantate in diverse
     regioni, soprattutto dagli amatori che vivono una vita simile
     alla nostra di allora. Ma, per questi stessi motivi, quando si
     intristirono, quanto piansero e si lamentarono i miei discepoli
     quando intuirono che ciò che occupava il mio animo, o meglio,
     il mio tumulto interiore!
     A quel punto le cose erano così evidenti che solo poche persone
     potevano essere ancora ingannate. Credo una soltanto: lo zio
     di Eloisa,colui che più di ogni altro era colpito dalla vergogna.
     (...) 


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