Gli uomini non cambiano : prima parlano d'amore e poi ti lasciano...
(...)Una domenica mattina della primavera del1989 io e mio marito
decidemmo di andare di andare a vedere la casa al lago per
valutare l'opportunità di venderla. Servivano lavori costosi di
manutenzione del tetto, del pavimento dopo l'ultima inondazione
e bisognava cambiare alcuni mobili infradiciati.
In macchina, pensavo ai meravigliosi anni trascorsi lì con i miei
bambini piccoli, le loro palette e i loro secchielli. Li rivedevo
sgambettare a piedi nudi nell'acqua pulita della riva sotto il
sole caldo delle giornate limpide di primavera inoltrata o inizio
estate.
Mio marito, più pragmatico, faceva notare che la villa era
disabitata da tempo e che non poteva essere mantenuta
decorosamente senza spenderci un mucchio di denaro.
Dopo un lungo silenzio, che io pensavo fosse dovuto alle
riflessioni sul problema della casa, Umberto disse
improvvisamente: " Susanna, ti devo fare una confessione".
Dal tono di voce capii che era un problema scottante.
Lo pregai di continuare.
Guardando fisso la strada, con le mani contratte sul volante, mi
confessò: " Ho un altro figlio di quattro anni".
Mi sentii gelare, mi irrigidii e lo guardai sbalordita. Pensavo di
aver capito male. Mi feci ripetere quelle parole. Avevo capito
benissimo. In quell'istante credetti di morire. Mi si appannò la
vista, mi si bloccò il respiro, il battito cardiaco perse qualche
colpo, avvertii un dolore acuto allo stomaco, come se avessi
ricevuto un colpo violento.Mi sentivo annichilita dalla sorpresa.
Mi sentivo ferita normalmente. Mi rattrappii in un angolo della
macchina. Sentivo salire dalle viscere un odio implacabile, una
sorda umiliazione, un senso di impotenza e di inutilità di ogni
parola, di ogni spiegazione o scusante.
Come venni a sapere più tardi, i miei cognati sapevano, alcuni
amici sapevano e anche una rivista di moda sapeva. Era stata
pubblicata una fotografia della nostra famiglia con la seguente
didascalia : " Il professor Veronesi con i figli avuti da due
matrimoni". Indignata avevo scritto alla direttrice della rivista:
ero l'unica moglie legittima e certo non c'era nessun figlio da
un altro matrimonio.
Quanto ero sta ingenua! (...)
Sultana Razon Veronesi da Se il cuore potesse pensare ( Una storia d'amore, ricerca e battaglie )
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