lunedì 19 febbraio 2018

L'INCANTO DI UNA STORIA 3



(...) Quando ero piccola, i pochi membri della famiglia ungherese
      sopravvissuti alla guerra devastante che imperversava in
      Europa, riuscirono a raggiungere l' America grazie all'aiuto di
      chi già era là. D'improvviso, mi trovai ad essere la fortunata
      erede di un'ulteriore famiglia allargata comprendente alcune
      donne anziane straordinarie.Una in particolare, da me
      chiamata " la zia Irena" che in ungherese è un nomignolo
      affettuoso per le cantastorie, come " Mamma Oca " in Gran
      Bretagna e negli Stati Uniti. Fu lei a regalarmi la storia sul
      vero significato di " ciò che conta nella vita".
      Era a quei tempi una vecchietta, e divenne uno dei beni preziosi
      della mia vita perché era piena di un amore immenso per gli
      esseri umani e soprattutto per i bambini piccoli. Talvolta la
      mattina mi svegliava spruzzandomi dell'acqua fredda sulla
      faccia, che a suo dire era una speciale benedizione tutta per me
      D'estate mi imbellettava le guance con il succo delle ciliegie
      nere. E una volta - nel pieno dell'inverno- andando al di là dei
      limiti della decenza previsti allora per gli adulti, si lanciò con
      me a cavalcioni di una slitta per un pendio fino al pascolo di
      sotto, tra risa e schiamazzi. Ma la cosa più bella era che
      conosceva un'infinità di storie. Quando le salivo in grembo, mi
      sentivo come seduta su un grande trono caldo, e tutto pareva
      andare nel migliore dei modi per noi e per il mondo.
      Tutto ciò era tanto più straordinario in quanto lei e tutto quel
      ramo della famiglia avevano vissuto anni di indicibile paura e
      atrocità durante la guerra. Erano gente semplice di campagna,
      vivevano in piccoli gruppi di casolari e in remoti villaggi. E
      come milioni e milioni loro simili dei paesi di tutta Europa,
      furono scaraventati in una guerra che non fecero, ma che
      furono costretti a sopportare per non morire. Come tutti i
      sopravvissuti, la zia diceva spesso :" Non ce la faccio a parlare
      di queste cose. Nessuno può comprendere quanto è stato
      terribile. Nessuno può capire com'era, se non l'ha visto,
      odorato, udito, se non si è dovuto aggrappare così alla vita".
      Quando le domandavo quale regalino le sarebbe piaciuto
      ricevere per il suo compleanno o per un'altra festa, la sua
      risposta invariabilmente era: " Niente regali - per favore - édes
      kis, dolcezza mia. I doni che desideravo, eccoli: poter di nuovo
      tenere un bambino in braccio, riuscire a ridere qualche volta,
      e alfine riuscire -ancora - a piangere . Tutto ciò che tanto ho
      desiderato, eccolo qui".
      Questa è la storia che mi narrò su " ciò che conta nella vita".
      La raccontò in terza persona, come si fa quando " non si
      sopporta di parlare di queste cose".
      Forse il cuore della storia vi risulterà familiare, perché è un
      cuore molto antico. (...)


       Clarissa  Pinkola  Estés     da    L'Incanto di una storia
     

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