" Perché l'incoscienza è fondamento della vita. Il cuore - se potesse pensare - si fermerebbe ". ( F. Pessoa )
(...) Dopo qualche settimana di convivenza nello stesso studio, non
potevo più nascondermi di essermi innamorata perdutamente
dell'uomo più affascinante, intelligente e inquietante che avessi
mai conosciuto. Alto, folti capelli neri, occhi inquisitori e
scanzonati in un viso maschio dai tratti decisi. Assomigliava
all'attore Cray Grant, allora molto in voga sugli schermi. Mi
imposi una fredda indifferenza per molti mesi. Passavamo ore
uno di fronte all'altra, lui a un microscopio e io all'altro, o alla
macchina da scrivere, sollevando di quando in quando il viso
per studiarci furtivamente. Ogni tanto gli sguardi si
incrociavano,si abbozzava un mezzo sorriso fingendo di pensare
ai propri studi, con gli occhi subito rivolti all'infinito.
Veronesi pubblicava lavori scientifici a getto continuo per
prepararsi alla docenza. Io, finito il lavoro di segretaria,
preparavo gli esami nei ritagli di tempo libero, pensando a mia
mamma ammalata e a tutte le incombenze che dovevo svolgere
prima di tornare a casa.
Mi maceravo nella gelosia. Veronesi aveva molte amiche che lo
cercavano. Per mascherare il mio interesse mi lasciavo
corteggiare da un altro medico gentile e brillante ( divenne poi
famoso come chirurgo toracico all' Università di Milano ) che
in quegli anni lavorava all' Istituto Tumori. Trascorrevamo ore
a discutere su una panchina dei giardini vicino all'ospedale. Mi
aspettava alla fine della giornata lavorativa e mi
riaccompagnava a casa in macchina. Voleva sposarmi, ma dopo
qualche mese di amore platonico gli confessai che non ero
innamorata di lui. Ne soffrì acutamente. Non lo rividi più
nonostante lavorassimo nello stesso istituto.
Una sera di inizio primavera io e il mio " coinquilino " ci
eravamo attardati nello studio senza accorgerci di essere
rimasti soli in tutto il laboratorio. Era passata l'ora di chiusura.
Mi alzai dalla sedia stanca morta, con gli occhi che bruciavano
per le tante ore trascorse al microscopio e alla macchina da
scrivere; passai dietro la sua sedia per prendere il cappotto
appeso a un piolo sul muro. Mi sentii afferrare in uno stretto
abbraccio. Umberto si chinò e mi baciò rabbiosamente. Rimasi
incollata alle sue labbra per un tempo che mi parve infinito,
sentendo sciogliersi la freddezza e l'indifferenza che mi ero
imposte. Fu una sensazione meravigliosa, per pochi minuti o
secondi: in quel magico istante dimenticai tutte le mie pene e le
mie preoccupazioni.
Ci ricomponemmo subito. Ci guardammo smarriti. Andammo a
casa, ognuno per la propria strada. I giorni seguenti fingemmo
ce non fosse successo nulla. Per lui era facile:ero una conquista
come mille altre ella sua vita di uomo bello, intelligente e
intraprendente. Io ripresi la mia maschera di indifferenza.
Evitai di atttardarmi nello studio, imponendomi di non
guardarlo neppure. (...)
Sultana Razon Veronesi da Il cuore se potesse pensare ( Una storia d'amore, ricerca e battaglie )
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