sabato 24 febbraio 2018

IL CUORE SE POTESSE PENSARE ( Una storia d'amore, ricerca e battaglie ) 5


(...) Come facevo a credergli? Forse preferiva restare a casa sua
      perché era un albergo funzionante e gradevole. Forse preferiva
      restare con me perché non ero una rompiscatole, non parlavo
      mai, lo lasciavo sempre libero di fare quello che voleva.
      Mi sentivo schiacciata dalla  sua personalità. Era come essere
      sempre con un coperchio sulla testa che mi impediva di
      sollevarla. Guardavo i nostri figli riuniti a pranzo o a cena, li
      sentivo discutere con il padre, richiedendo sempre i suoi  
      consigli. Vi era un'intesa perfetta tra loro. Come potevo
      assumermi la responsabilità di allontanare un genitore tanto
      indispensabile alla loro educazione e al loro futuro?
      Mi rinchiusi in me stessa. Decisi che non avevo bisogno di
      nessuno per sopravvivere. Avevo i miei interessi, la medicina,la
      lettura, lo studio,la musica.Bastava eliminare la partecipazione
      emotiva dalla vita quotidiana. Mi imposi una maschera di
      indifferenza e freddezza. Non gli chiesi più imformazioni sulle
      partenze, sui ritardi, sulle uscite serali per evitargli la fatica
      di inventare bugie. Non volevo sapere nulla. Vivevamo sotto lo
      stesso tetto e dormivamo nello stesso letto matrimoniale, a cui
      nessuno dei due voleva rinunciare. Ci rincantucciavamo ai due
      lati opposti, voltandoci la schiena.
      Trascorsero i mesi.
      La situazione mi rendeva sempre più irascibile e cattiva.
      A volte raggiungevo l'acme dell'intolleranza e con scatti d'ira
      furibondi gli ribadivo che doveva andarsene, come per esempio
      successe un pomeriggio prima di Natale.
      Avevo chiesto ad Umberto di accompagnarmi a cercare i
      regali di Natale peri nostri figli.Mi rispose che era impossibile:
      aveva molto lavoro in ospedale. Mi avviai da sola in giro per
      negozi. Ad un tratto - in Piazza San Babila - lo vidi ridente
      sotto braccio alla sua compagna, che andavano insieme a far
      compere per il loro bambino.
      Mi sentii raggelare e mi vennero le lacrime agli occhi.
      In tanti anni di matrimonio non aveva mai voluto
      accompagnarmi a fare acquisti.Era un atteggiamento " piccolo
      borghese " come affermava spesso. Avevo dovuto sempre
      provvedere da sola al vestiario dei figli, del marito, agli oggetti
      per la casa, ai regali per gli ospiti, per i matrimoni, ad ogni
      incombenza relativa alla famiglia.
      Girai un angolo per non farmi vedere. La situazione sarebbe
      stata alquanto imbarazzante per tutti. (...)


Sultana Razon Veronesi  da  Se il cuore potesse pensare ( Una storia d'amore, ricerca e battaglie )

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