Salvador Dalì - Cestino di pane, 1926
Una poesia dalle tensioni ricomposte senza essere negate: questo è il nucleo - estetico e umanissimo - dei versi di Fuad Rilka, poeta libanese dalle origini siriane. Una poesia che è quasi un augurio ed eredità per quel Libano che di faglie, ferite, cicatrici e cuciture è stato esperimento e profezia. E di tale humus si nutre, calandola però nella dimensione biografica : così - ad esempio - i suoi componimenti sono attraversati dalla dialettica tra stasi e movimento, tra migrazione e radicamento, nulla negando e nulla obliando : " C'è stato un viaggio / tempo fa./ Provviste per la strada erano / il canto dei galli / gli uccelli delle foschie al tramonto / i bastoni da viaggio di giorno / e i fuochi accesi la notte." Quel viaggio, personale di uscita dalla Siria, diventa universale nell'iter di ognuno e porta con sé la nostalgia del piantarsi, del fermarsi con pace e abbandono : " Che meraviglia piantare radici! / Che meraviglia poter restare immobili / come le torri antiche! //. Se si potesse infine riposare / se questi fiumi potessero arrestarsi! ".
DOMANDA
Nell'ora che il corpo sarà terra, la terra sabbia
e polvere la sabbia, nell'ora in cui
ogni cosa sarà polvere, perché temere?
Finiremo così, naturalmente,
come un fiore di campo,
come un fiore che dice :
" E' già tempo di neve, amico mio,
e le stagioni prossime a finire "
Siamo reti sospese sull'abisso.
***
PERCORSO
Nella nostra infanzia
apriamo la porta e dormiamo
come riposa la preghiera
tra le foglie di Dio.
A mezzogiorno
chiudiamo la porta e poi partiamo
nei venti rossi di sabbia, dentro la bufera,
dietro le tracce del diluvio e del miraggio.
La sera infine
l'ombra si accorcia e si cancella
come un giorno d'estate nel cuore dell'inverno.
***
SULLA CIMA DELLA TORRE
L'infanzia che lo amò
dentro i letti dei fiumi,
la donna che lo amò
nell'oscurità delle radici,
gli amici che lo amarono
nelle barche piene di ceneri,
le poesie che lo amarono
sulla punta della forca.
Sulla cima della torre
se ne sta solo,
senza cappello e senza freddo.
***
NESSUNO
Nelle città di ferro e di cemento
brillano solitari pochi germogli,
maturano più solitari frutti,
vanno da soli i merli,
vigila la neve in solitudine.
Nelle città dei numeri
non c'è nessuno alla finestra
né un corpo si appoggia all'altro.
***
SCRITTURA
Sopra la terra
il frutto, giunto al punto
di essere maturo,
è felice di cadere.
Proprio come sulla carta la poesia:
si accosta dolcemente,
si appropria della penna,
si imprime sopra il foglio
e poi scompare.
***
SUSSURRO
Al passante
sussurra il fiume:
io sono il viaggio.
Al fiume sussurra il mare:
io sono la nave.
Al mare
la distanza sussurra :
io sono il capitano.
Fuad Rifka da L' ultima parola sul pane Trad. di P. Bruno
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