giovedì 24 marzo 2022

L' ULTIMA PAROLA SUL PANE

 


                                                 Salvador Dalì -  Cestino di pane, 1926



Una poesia dalle tensioni ricomposte senza essere negate: questo è il nucleo - estetico e umanissimo - dei versi di Fuad Rilka, poeta libanese dalle origini siriane. Una poesia che è quasi un augurio ed eredità per quel Libano che di faglie, ferite, cicatrici e cuciture è stato esperimento e profezia. E di tale humus si nutre, calandola però nella dimensione biografica : così - ad esempio - i suoi componimenti sono attraversati dalla dialettica tra stasi e movimento, tra migrazione e radicamento, nulla negando e nulla obliando : " C'è stato un viaggio / tempo fa./ Provviste per la strada erano / il canto dei galli / gli uccelli delle foschie al tramonto / i bastoni da viaggio di giorno / e i fuochi accesi la notte." Quel viaggio, personale di uscita dalla Siria, diventa universale nell'iter di ognuno e porta con sé la nostalgia del piantarsi, del fermarsi con pace e abbandono : " Che meraviglia piantare radici! / Che meraviglia poter restare immobili / come le torri antiche! //. Se si potesse infine riposare / se questi fiumi potessero arrestarsi! ".




DOMANDA


Nell'ora che il corpo sarà terra, la terra sabbia

e polvere la sabbia, nell'ora in cui

ogni cosa sarà polvere, perché temere?

Finiremo così, naturalmente,

come un fiore di campo,

come un fiore che dice :

" E' già tempo di neve, amico mio,

e le stagioni prossime a finire "


Siamo reti sospese sull'abisso.



                                          ***


PERCORSO


Nella nostra infanzia

apriamo la porta e dormiamo

come riposa la preghiera

tra le foglie di Dio.


A mezzogiorno 

chiudiamo la porta e poi partiamo

nei venti rossi di sabbia, dentro la bufera,

dietro le tracce del diluvio e del miraggio.


La sera infine

l'ombra si accorcia e si cancella

come un giorno d'estate nel cuore dell'inverno.



                                         ***


SULLA CIMA DELLA TORRE


L'infanzia che lo amò

dentro i letti dei fiumi,

la donna che lo amò

nell'oscurità delle radici,

gli amici che lo amarono

nelle barche piene di ceneri,

le poesie che lo amarono

sulla punta della forca.


Sulla cima della torre

se ne sta solo,

senza cappello e senza freddo.



                                            ***


NESSUNO


Nelle città di ferro e di cemento

brillano solitari pochi germogli,

maturano più solitari frutti,

vanno da soli i merli,

vigila la neve in solitudine.


Nelle città dei numeri

non c'è nessuno alla finestra

né un corpo si appoggia all'altro.



                                                 ***


SCRITTURA


Sopra la terra

il frutto, giunto al punto

di essere maturo,

è felice di cadere.

Proprio come sulla carta la poesia:

si accosta dolcemente,

si appropria della penna,

si imprime sopra il foglio

e poi scompare.



                                                 ***


SUSSURRO


Al passante

sussurra il fiume:

io sono il viaggio.

Al fiume sussurra il mare:

io sono la nave.

Al mare

la distanza sussurra :

io sono il capitano.




               Fuad  Rifka   da   L' ultima parola sul pane    Trad. di P. Bruno



Nessun commento:

Posta un commento