martedì 22 marzo 2022

APOLIDE ( Ma l'isola che cerchi non c'è... )

 


                                        L' amore deve assomigliare a qualcosa che muore...





Di nulla possiamo lamentarci.

Ci siamo fatti largo nell'angusto

passaggio verso la feritoia

per decidere, infine, un attivo

controllo della respirazione.

E' una quieta distesa dove

ognuno conduce - senza volerlo -

questo leggero movimento del corpo

con silenziosa, commossa

partecipazione dal terzo pianeta del sole.



                                              ***


La stagione si appendeva agli alberi in una sconcia

confidenza con la terra. Era il giorno fedele ai nomi,

disegnavo quattro corpi sulle buste delle lettere,

perché la vita è poca e tu scomparso eri un luogo intero.

Lo vedi questo cielo impasticcato? Allucinato

verso un bianco crudele che è il bianco

delle palpebre, il bianco della gola quando

qualcuno ha detto " Adesso è pronto". Ma 

io non ci credo, nessuno

è pronto, un istante sulla Terra, nessuno

è pronto, era nostro il perfetto insieme, il tuo nome,

la finestra aperta, amore mio cosa sta accadendo?

Cosa deve avvenire ? Questa morte non esiste.



                                                ***


La gioia di sapermi al riparo, ma non fu riparo allora

la nostra vocazione di baciarci sotto

le lenzuola. Di giorno ti aggiri davanti

al mondo imbecille e pensi e muori.

La gente parla, spiega, quello che fa il pittore in via Boltraffio,

l'altro che ha messo in piedi una cantina, c'è anche chi ha fatto

la galera, chi ha tentato il suicidio mentre cade

la sera ti ucciderei io se potessi, ti caverei gli occhi

sul letto, l'imperfezione, il difetto

di quella stanchezza metrica d'infanzia

non temere... non durare...


A volte penso che l'amore assomigli a quelle cose

che deve assomigliare a qualcosa che muore.



                                                  ***


Non che me ne importi molto, alle

dieci di sera, alle tre, alle quattro del pomeriggio

arriva sempre gente un po' speciale.

Nell'ufficio, intonacato di nuovo,

con la voce di grondaia li sentivo

fare i conti, li sentivo singhiozzare la cena

così di colpo, nessuno

se lo aspettava, oppure la versione malattia, quante

cose difficili da nominare, alla fine

si capisce, è stato meglio, non c'era terapia.

Maio dico che da qui, da questo preciso spazio

non ce n'è uno che parli davvero, che queste

cose succedono agli altri, negli intervalli

più soffocati, quasi invisibili, il cuoco

l'impiegato, il suicida, il povero diavolo

con due figli da crescere. Ce n'è una schiera

tutti i giorni di gente che non sa con chi stare

da che parte ci tirano le ombre, se bisogna vivere

con i vivi o con i morti.





                    Mary  Barbara  Tolusso     Anteprima  da  Apolide


         

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