mercoledì 30 marzo 2022

INFINITA FINE ( Dopo lungo penare ) 1

 



                                               Ho sperato a lungo di vederti arrivare...



Accogliere il pensiero e il sentimento della fine è impresa ardua, a cui la poesia di Viviani ha dedicato un'intensa e limpida passione. L' invito che questo libro sembra rivolgere al lettore è quello di guardare la vicenda umana, anche quella individuale, con gli occhi della natura. La lingua della natura può così rendere leggibile anche l'insulto più doloroso, quello della scomparsa definitiva. La cadenza narrativa di queste liriche è quella dell'avvicendarsi dei giorni e delle stagioni, mentre la dimensione umana è qui rappresentata dall'alternarsi di operosità e smarrimento, senza finzioni e senza consolazioni. Come del resto è nella natura.





Di continuo il vento rovescia

le foglie, forzate a posizioni estreme,

pressate, tirate su e giù,

come noi inseguite dai mesi,

che ci spingono - quelli aggressivi -

e poi tutti ci superano velocemente,

volano.



                                            ***


Noi siamo qui a distinguere

la farina e la polvere,

mentre il tempo silenzioso deteriora

le nostre ossa.



                                              ***


Questo rincorrersi 

delle intenzioni e delle cose -

ho sperato a lungo di vederti arrivare,

e ho provato un'acuta delusione,

uno stato d'animo che non influiva su niente -

alla fine, grazie al tempo, ha provocato

una perdita di energia, una malattia.



                                            ***


Che senso ha tutta questa litania

di conoscenze,

se dice di amare

chi è al suo fianco?

Forse che la perfezione si raggiunge

con la memoria e l'ossessione?

O come un improvviso aperto bagliore solare,

non in graduale crescita dall'alba,

il coraggio di questa voce gridata

sul paesaggio, aperta,

ma anche inestinguibili tante piccole paure

disseminate, nascoste

come tanti fornellini ardenti

o - peggio - tanti roditori neri.



                                                ***


Un empito di energia

in vista della fine,

ecco, la distruzione per te

non riguardava il corpo,

ma l'accumulo di indifferenze secolari

di ascendenti, di popolo,

a un certo punto scoppiava

questa silenziosa riserva di patimenti

e ti mandava in frantumi.



                                                   ***


Portavi addosso, in te, un fuori misura

che non si staccava, un ingombro,

eppure - lo stesso - andavi sempre a caccia di cose

e tra incursioni e riposi passava

la vita.

Il corpo in alcuni punti, come le foglie,

la pelle si accartocciava. E sentiva e subiva

l'armonia del crepitìo della foresta in fiamme,

e della lava che scendeva.




                          Cesare  Viviani   da   Infinita fine



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