Scena del film " Spellbound "
(...) Nel 1945 Hitchcock dirige Spellbound ( Io ti salverò ) fornendoci l'ennesima prova di come la sua mente brillante avesse anticipato di gran lunga molti temi sviluppatesi negli anni seguenti. Il punto focale del suo film - infatti - è la mente umana e i suoi complessi meccanismi. Il regista porta per la prima volta sul grande schermo la rappresentazione della psicoanalisi, passando attraverso il sogno e rifacendosi quindi alle teorie dello psicanalista Freud prima e di Jung poi.
Anche se tutto il film è tessuto in una chiave onirica nella quale si mischiano sogni e realtà, la chiave di volta che ci permetterà di comprendere ciò che realmente è accaduto, la troviamo in un sogno del protagonista, inscenato con la collaborazione del genio del Surrealismo, Salvador Dalì. Nell'interpretazione ci si avvale della più ovvia e conosciuta simbologia freudiana, ma ciò che più colpisce e resta nella mente dello spettatore, sono gli occhi dipinti sui drappeggi. La scenografia di Dalì ripercorre in modo suggestivo la simbologia onirica : gli occhi che tappezzano la parete, rendono la sensazione quasi fisica del senso di colpa ( qualcuno che ci osserva e che ci giudica ), ed eliminarli ( tagliare con una grossa forbice i drappeggi ) non serve perché sotto ci sono altri occhi. Il senso di colpa non si elimina se non risalendo a ciò che lo ha provocato e che si occulta nel nostro inconscio. Nella scenografia di Dalì spiccano anche altri dettagli non direttamente collegati all'interpretazione del sogno ( le sculture e le rocce deformate, il comignolo con le radici, il deserto con le surrealistiche tenaglie giganti e le lunghe ombre della scena finale ), ma che servono a rendere surreale l'ambiente del sogno, dove i riferimenti al vissuto e alla realtà sono deformati e mimetizzati.
L'intera pellicola è infatti l'esemplificazione di una tesi esposta all'inizio del film :" Quando i complessi che disturbano la mente ammalata sono scoperti e interpretati, il paziente guarisce e i demoni della pazzia si dileguano per sempre".
Liberamente tratto da un articolo di Maura D' Amato