giovedì 21 febbraio 2019

QUASIMODO A SIBILLA 4



Sondrio   25 Novembre 1935

(…) Sibilla!
     " Ecce Sibilla !" Letteratura, sempre letteratura. Io sono stato
       distante da ogni cosa, e anche dalle tue lettere colme
       inconsapevolmente di piccole vigliaccherie. Sono stato distante
       dal tuo dramma  immaginato perché questo mese che muore è
       stato uno dei più duri, dei più atroci. E lontano anche dagli
       amici ho vissuto ore di patimento e di prostrazione: ho capito
       che si può con dignità rinunziare anche al pane. Ora, queste
       cose non le scriverei a nessuno perché non sento bisogno
       alcuno di confessarmi. Ogni uomo basta a se stesso . Non ho
       neppure " sognato" di chiedere aiuto a qualcuno. Tu ti sei
       sentita invece abbandonata e tradita: forse l'hai desiderato.
      Avviene questo ai piccoli borghesi che- al sicuro d'ogni danno -
     attendono lettere di convenevoli durante il corso di una malattia
     da chi non possiede nemmeno il danaro per affrancare una
     istanza per essere al più presto giustiziato.
     Non credere c'io non abbia preso o non prenda parte alla tua
     sofferenza fisica, ma c'è modo e modo di " raccontarsi" : credo
     di averlo scritto una volta. Tu mi hai scritto una frase che già
     verbalmente mi aveva impressionato per la sua crudezza ( forse
     sarebbe meglio crudeltà ) e per la volgarità. Ora, certe parole
     sono permesse soltanto durante l'agitazione sessuale, ma a
     distanza di tempo e di luoghi acquistano un valore negativo
     altissimo…
     Quando tu partirai per Capri o per la Sicilia, pensa che io resto
     quassù nella mia cupa lotta contro la fame. Non per " volontà"
     ma per " sentimento" della mia morale ( oh quanto diversa da
     quella di chi butta dietro le spalle ogni peso e ogni sacrificio! ).
     Tu potrai lavorare in serenità senza pensarti né tradita né
     odiata: gli anni camminano e la saggezza è l'ultima meta
     dignitosa e nobile.
     Tu mi hai scritto che soltanto ora avevi capito con chiarezza
    " alcune cose". Quali cose? Non chiedo. Penso solo che per
      amore di te ho vinto persino certe misteriose riluttanze della
     carne.Livigno non fu che una tappa verso l'abbandono completo
     Che avresti voluto ancora più da me? O soave ingenuità degli
     anni alti, simile a quella degli anni della pubertà !
     Tu credi veramente di amarmi? Forse è vero: ma non mi vuoi
      bene. Capisci che cosa è mancato per l'armonia? Non per nulla
      ti ho detto una sera del tuo Ego sum .
      No. L' Aretusa che avrei rivisto con dolce pianto resterà nella
      memoria. Dovrò rinunziare anche al mio riposo per gli oscuri
      giorni che verranno.
      Qual Dio ha mutato un'alfa dal corso d'una vita?
      Ti abbraccio e ti auguro la guarigione più assoluta.

                                             Tuo

                                           Virgilio   (…)



                    Salvatore  Quasimodo   da    A Sibilla


   

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