martedì 5 febbraio 2019

DONNA TI VOGLIO CANTARE...

 
 

                               Cosa volete da me? Lasciatemi alla scuola dei morti…


Febbraio dice
parole di tramestìo nelle tane
e in ogni radice cresce
un formicolìo di valvole accese.
Ascolta. Una cocciutaggine d'intesa
prelude piano piano la ripresa
il  perdifiato dei fiori. Saranno qui
fra poco. Di nuovo nuovi,. Intatti.
Scandalosi.


                                                ***


Si dà il caso che un'ombra
sia emersa pasteggiando col mio cuore
che quel giorno era indolenzito di lotta.
Un intoppo di sere occlude oggi
la contentezza. Nell'occhio
accumulati detriti di dolore
pestano tutta la luce e non pare
mattino ma un'ora tetra
del pomeriggio invernale.
Aspetto un ozio. Un gingillare
d'infanzia. Sostare sulla soglia
e non sapere che fare. Essere umanità
o tutto. Essere uno o inventare
lo scenario del mondo - e amarlo
nella sua finzione di mondo.
Si sporge ora il tempo con le sue
manovre.


                                         ***


Da qualche parte duole
il tempo spina, la goccia avvelenata
che mi inquina, l'antico virus
sempre alle calcagna. Ospite a me
voce che si lagna vergognosa.
E questo piccolo vaso con viole
canta sul tavolino un sì di perfezione -
il suo essere qui, la sua canzone esperta
di rondini. Altissima visione.
Ingrata me. Non è abbastanza oggi
in mia disperazione
il patrocinio altissimo dei fiori.


                                      ***


Questo giorno è un giorno di spine
di cose ghiacciate dentro cose nuove.
Di parole chiamate fin dal mattino
a pulire la camera mentale
tutta intasata di faccende.
Ma bisogna fermare ogni locomotiva
di pensiero, ogni muscolo servile
mettere toppe alle fessure perché il mondo
non entri nella casa, col suo assillo
di urgenze messaggere. Cosa volete da me?
Lasciatemi un po' sola. Un po' silente.
Lasciatemi alla scuola dei morti
dove senza rumore si apprende
un vuoto appeso, presente nutriente.


                                            ***


Io non vi credo cose che vedo
perché chiudendo gli occhi
una vitalità di costellazioni
d'altro mondo
vi sopravanza
e la supremazia del visibile
s'incrina in felicità.
Non c'è spina
oltre le vostre sponde
niente confina o crolla
niente s'impolvera
in quella luce.


                                         ***


Dentro la lingua
un fagotto di sillabe
si srotola in canto.
E' tempo di cadere
dentro covoni di parole
e farne pane per tutti.



                       Mariangela  Gualtieri   da      Le giovani parole



2 commenti:

  1. Quasi un inno questo bellissimo canto, i versi sono un po' a contrasto malinconici, con luci e ombre

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  2. La canzone, come fosse - come dici tu - un Inno alla donna, è fortemente voluta: è il mio ringraziamento a questa poeta che stimo molto e che amo.

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