lunedì 11 febbraio 2019

L'OCCHIO DEL MONACO

 
 
 
 Non rispondere è sempre una risposta: il mormorìo del mare… il mormorìo del mare…




Un dio faticoso sul bordo del mio letto,
sei angeli con ali stanche
hanno volato controvento, raffiche forza dieci
sopra la palude, tempesta sul mare.

Nella notte vedo le luci sull'altra sponda,
guardo gli angeli che sembrano conoscermi,
vogliono prendere la mia coperta e in realtà anche il letto
in cui comunque non riesco a dormire.

Il dio assomiglia al capitano del traghetto,
i conigli che ho visto correre nel buio
avevano paura del cacciatore, il faro
cadde con il suo raggio nella stanza,

ma per il resto tutto era in ordine.


                                             ***


Accanto ad un cespuglio di rosa canina ho visto
il mio primo amore: accovacciato come allora,
sotto un portone. Dovevo scegliere, tra
la realtà del cespuglio, il sogno della pietra,

e inginocchiarmi, non sulla pietra della città
ma sulla sabbia della duna, danza per
un uomo solo. Tra le sue braccia un'illusione, aria
vuota d'una morta che ancora ha voce,

lo stridìo di un primo desiderio
disperso e frantumato contro una quantità
di anni, il cardo del non voler dimenticare,
portami con te, portami con te.

Ma dove?


                                            ***


Tredici, numero della nebbia,
lo smarrire direzione, la strada
per l'edificio abbandonato,
il luogo della danza,

tenersi per mano, poi sedere
a lungo e aspettare, cos'è la sera,
di chi è il corvo, di chi è la tartaruga,
il fuoco in lontananza?

Non rispondere è sempre una risposta,
la carpa diventa poi una balena,
il piccolo diventa grande
e accudisce il piccolo

finchè morte non sopravviene.



                                          ***


Viandante, viandante, ci senti ancora?
Azzurre sono le montagne, un paravento,
camminano qui due uomini e tra loro quattro
secoli, parlano dell'anima, di come

le sia difficile abbandonare il corpo
quando muore, quella casa così accurata con stomaco
e cervello ora in rovina, un lavoro per
il demolitore, e l'anima dove va?

Ascolti le due voci, francese, italiano,
nel vento sulla strada, in campagna, senti il ritmo
dei suoi passi, la poesia del dubbio
se esiste la coscienza, e quando poi

semplicemente muoia.


                                                  ***


Perché non ci lasciano in pace, i morti?
Spargono i loro nomi sulla strada
su cui dobbiamo camminare, insinuano i versi
delle loro poesie nell'ultimo sonno prima del mattino

e poi di nuovo se ne vanno, assenti come
fosse una professione, volgendosi altrove, senz'occhi,
nascosti dietro il loro gergo, il dialetto
che i morti parlano tra loro, a noi

inaccessibile, razza senza passaporto
né  voce che irrompe nella nostra memoria
senza preavviso, ci cammina accanto
si siede sui bordi del letto in cui

un tempo si stendevano.


                                          ***


Notte sul mare, luna in fuga,
un'amata a brandelli. Come pensavi
che andasse? Dalle dune avanza le gemelle,
donne di grande bellezza,

rasate a zero. Vengono direttamente dalla
tua giovinezza, sono parte del tuo segreto, loro
e il cespuglio di spine che ti vola via sopra i piedi,
un padre sospinto dal vento, la donna che volevi.

Questo era tutto? E poi ancora Orione, alto
e sfregiato, tuo amico in questa unica
esistenza. Cerca a tastoni nel buio
il mormorìo del mare, in cui il suo cane

è annegato.

Il mormorìo del mare,
il mormorìo del mare.

Il mormorìo del mare.




              Cees  Nooteboom   da    L'occhio del monaco


1 commento: