domenica 17 febbraio 2019

LA FELICITA' E' CONTAGIOSA

 
 
 

                                                     Se hai un sogno, tu lo devi proteggere…


(..)Di ricerca della felicità, nell'omonimo film di Gabriele Muccino,
    si inizia a parlare solo quando il protagonista tocca il fondo 
    della disperazione. Perché la felicità è qualcosa che possiamo
    solo inseguire e che forse non riusciremo mai a raggiungere.
    Qualunque cosa facciamo. Ma alla fine, il suo attimo di felicità,
    Chris lo raggiunge, come lo raggiungono i protagonisti di
    questo libro. Non prima però di aver elaborato il dolore e di 
    aver affrontato il pericolo; non prima di essersi  riscattati dall'
    altrui giudizio e di essersi liberati dalle situazioni di 
    sopraffazione e di sfruttamento della vita. Così  da lasciare ai
    pensieri più profondi e alle esigenze più nascoste la forza di
    esprimersi e di trasformarsi in azione contagiosa.  Perché la
    felicità - che non è un continuum - ma  una condizione effimera
    nell'esperienza degli esseri umani, è prima di tutto un agire. Ci
    spinge - ogni volta - a cavalcare, nel mare dell'inconscio, i moti
    fluttuanti del dolore, della paura, del disagio, della difficoltà, 
    della solitudine, dello sfruttamento, del destino avverso con lo
    spirito e l'abilità creativa di un surfista che converte l'energia
    delle onde in equilibrio. La felicità è il tempo - di leopardiana
    memoria - strappato all'attesa : il sabato pensa alla domenica
    come alla promessa della gioia, ignaro che nel momento di
    preparazione della gioia stessa sia contenuto - in realtà - l'
    autentico piacere. Perché essere in cammino verso la felicità
    vuol dire di già essere felici. " Il segreto della felicità - sostiene
    Pericle - è la libertà e il segreto della libertà è il coraggio".
    E il vero coraggio consiste nella capacità di operare scelte che
    non siano sottomesse alla schiavitù della paura, del bisogno,
    dell'opportunità, del giudizio, del timore, del ricatto, della
    sopraffazione, dell'angoscia di morire e di quella di vivere.
    Per essere felici bisogna sdoganare la libertà e il coraggio dalla
    paura e considerare ogni percorso- piacevole o spiacevole della
    vita - come " il premio è il viaggio "; l'esperienza e la forza delle
    intuizioni trasformate nella concretezza di progetti che cambiano
    la vita.
    A ogni storia, la paura bussa alle porte dei protagonisti; il
    coraggio va ad aprire e vede che non c'è nessuno. Eccetto la
    felicità: l'aspirazione di ogni essere umano che si fa identità.(…)



                  Maria  Rita  Parsi    da     La felicità è contagiosa

2 commenti:

  1. Una bellissima riflessione, solo un passaggio non condivido, quando dice che la felicità è qualcosa che possiamo solo inseguire e mai raggiungere, come una chimera, infatti questo definisce l'illusione non la felicità, tanto meno l'attesa che vive di speranza, io sono credente e per me tutto è dono di Dio, tutto è grazia, non sono autoreferenziale, ma chi non crede e vuole realizzare un progetto (discernendo tra illusione e obiettivo realizzabile) e si impegna con tutto se stesso per concretizzarlo, vive il tempo di attesa con speranza e la motivazione gli dona forza e serenità, poi una volta raggiunto lo scopo è felice, perché tutti gli sforzi e i sacrifici fatti si tramutano in gioia, ma la felicità si vive anche nelle piccole e grandi cose che tendiamo sempre a dare per scontate, come l'amore, la famiglia, i figli, gli amici, ecc... niente è scontato e/o dovuto e tutto può essere occasione per essere felici, certo se scegliamo di esserlo, altrimenti si vivremo senza un briciolo di felicità... Ho divagato un po', certamente la Parsi non intendeva questo, è una psicologa e la sua lettura è attraverso questa porta totalmente umana

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  2. Non mi pare che l'autrice abbia detto che la felicità è irraggiungibile; ma solo che nella sfera umana non rappresenta un " continuum ", ma piuttosto degli attimi , dei momenti e che spesso bisogna immergerci nel pozzo della sofferenza per poi trovarla. Inoltre, col riferimento leopardiano ( pensa anche al " Sabato del villaggio") dice - e in modo esplicito- che la strada per raggiungere la felicità è ESSA STESSA felicità e che, " nella preparazione alla gioia sta l'autentico piacere".
    Non ne fa una visione prettamente cristiano - cattolica ( non sarebbe questo genere di libri il luogo adatto ) che ripone la felicità nel seguire la via dell'insegnamento evangelico, ma non possiamo neppure escludere che il discorso possa ( in altra sede ) essere continuato.
    ( Di sfera in sfera, come fa Dante nel rappresentarci il Paradiso ).
    E in questo testo potrebbero essercene le premesse.
    Grazie per l'intervento.

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