sabato 9 febbraio 2019
ELOGIO DEL FALLIMENTO 2
(…) Tra l'albero e il frutto c'è sempre un salto, una discontinuità.
L'albero può restare sterile, può non generare nulla. In questo
si rivela tutta la portata della metafora cristiana. La
predicazione davvero esistenzialista di Gesù non pone il
problema dell'esistenza a partire dalla centralità dell' eidos ,
dell'essenza universale dell'umanità;per lui non è l'essenza che
determina l'esistenza, non è l'essenza che precede l'esistenza,
perché ciò che lo interessa è la possibilità, o meno, che un
albero particolare possa, o meno, essere generativo,che sappia
o meno generare i suoi frutti. Non l'idea dell'albero e nemmeno
- come pensa Heidegger - la terra che ne accoglie le radici, ma
solo i suoi frutti. Questo significa che ciò che più conta non è
determinare essenzialisticamente l'esistenza dell'albero, ma
considerare questa esistenza alla luce di ciò che ha saputo - o
meno - generare, alla luce delle sua azioni.
E' il frutto a chiarire retroattivamente la stessa idea di albero.
E' - infatti - solo dai suoi frutti che possiamo riconoscere la
stoffa dell'albero.Questo radicale rovesciamento del platonismo,
sempre in opera nella predicazione di Gesù, attraversa anche la
psicoanalisi, per la quale il desiderio è innanzitutto un compito
etico che spetta al soggetto assumere o disattendere: sarò stato
capace di non cedere al suo imperativo? Sarò stato in grado di
non indietreggiare, di non evadere, di non evitare la
responsabilità che la sua assunzione implica? Ho disperso o ho
fatto fruttare il mio desiderio?
Il disagio della giovinezza ha certamente a che fare con l'albero
e i suoi frutti. Il tempo dell'adolescenza è il tempo che più di
altri svela come il destino del frutto non sia già scritto nell'albero
Il risveglio di primavera dell'adolescenza investe innanzitutto -
e non a caso - la necessità di " rifarsi" un corpo, di inventarsi un
corpo nuovo che sarà sempre un frutto imprevisto dell'albero.
Quando è in gioco la soggettivazione non è - infatti - mai una
questione di evoluzione, di maturazione, di dispiegamento di un
programma biologico predeterminato. C'è sempre una sorta di
sproporzione, di anomalia, di devianza, di eccentricità tra la
crescita dell'albero e il suo frutto. Quando è in gioco l'albero -
soggetto, non esiste solo automatismo, non esiste solo necessità
naturale. Lacan ce lo ricorda con insistenza: il soggetto non
risponde a una legge, non è l'effetto di una causalità necessaria,
non è il frutto già contenuto nel programma dell'albero eidos .
Lo sappiamo: ci sono alberi sterili, alberi che non fruttificano,
alberi morti, a cui Gesù non risparmia la sua maledizione. Ci
sono alberi sradicati dalla violenza della vita, travolti da
inondazioni, spezzati dai fulmini, marciti per malattie. Il frutto
non è custodito né protetto in nessuna essenza. Nessun Padre,
nessun Nome del Padre, nessun grande Altro potrà mai
garantire all'albero i suoi frutti. Nessun Padre potrò salvarci.
Il frutto non è il destino ineluttabile dell'albero. Resta un evento
contingente che può accadere o meno. Ma è da questo evento e
non da un'essenza già scritta che un albero può essere
riconosciuto per ciò che è.
E' il frutto - come predica Gesù - la verità dell'albero; è solo dal
frutto che si giudica un albero. (…)
Massimo Recalcati da Elogio del fallimento
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