sabato 9 febbraio 2019

ELOGIO DEL FALLIMENTO 4


(…) Il disagio della giovinezza dei nostri tempi è più caratterizzato
       dalla sterilità del desiderio, dalla sua assenza che non dal
       conflitto che la sua presenza provoca. Lo aveva già ben visto
       Pasolini quando rimproverava ai giovani del Sessantotto - e lo
       stesso farà Lacan - di criticare i padri solamente per cercare
       un altro padrone, assai più ineffabile e potente: la macchina
       del discorso del capitalista. Se consideriamo questa tendenza
       conformista come un tratto del disagio della giovinezza
       ipermoderna, non possiamo non considerare il fallimento come
      una possibilità autentica per il desiderio.Si tratta di recuperare
      il fallimento come una manifestazione del desiderio e non come
      un mero insuccesso nell'affermazione del proprio io. L'erranza,
      lo sconfinamento, la perdita di sé possono essere occasioni per
      l'incontro con il proprio desiderio rimosso.Diversamente, molto
      malessere giovanile sembra oggi assumere le forme apatiche
      di un conformismo ordinario o di una pulsione a godere del
      tutto prive dell'eros del desiderio.
      L'esperienza dell'analisi mostra che il frutto dell'albero non si
      chiama mai con un solo nome. E soprattutto non si chiama
      né " adattamento" né " trasgressione". Non è mai un frutto già
      conosciuto, né un frutto seriale. Il frutto che rende riconoscibile
      l'albero è sempre particolare, fuori serie, unico. Il frutto non
     coincide col successo sociale o con l'affermazione professionale
     di una vita. Essere un albero capace di fruttificare non
     significa essere un albero di successo. Non esistono gerarchie
     nel desiderio, non esistono frutti di serie A o di serie B. Ciò che
     conta è far fruttare il proprio talento, ciò che conta è dire " sì"
     alla contingenza illimitata dell'esistenza.
     La realizzazione del soggetto del desiderio può seguire le vie
     più diverse. Il culto dell'affermazione dell'io e del successo è
     proprio del discorso del capitalista. Ma il successo può essere
    altrettanto sterile della dissipazione.Per questo è meglio passare
    dalla via del fallimento. L'elogio del fallimento non è l'elogio
    della sterilità, né l'elogio della consumazione di se stessi. Come
    diceva Fabrizio De André- in una celebre canzone - dai diamanti
    non nasce niente, mentre dal letame possono nascere i fiori. La
    psicoanalisi conferma - come già pensava Freud - il detto del
    poeta: essa insegna che sono proprio le cause perse quelle che
    possono dare i frutti migliori. Solo chi è perduto, chi ha
    conosciuto l'errore e lo sbandamento, chi ha incontrato il
    fallimento può - assumendo la propria vulnerabilità e la propria
    castrazione - far fruttificare in modo nuovo il proprio desiderio.
    (…)



                     Massimo  Recalcati    da    Elogio del fallimento


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