" Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine o fichi dai rovi? Così, ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi. Un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere. " Matteo 7, 16-20
(…) Il frutto e l'albero. Il problema della formazione è stato filtrato
frequentemente da questa immagine. Come un albero può dare
i suoi frutti? Come un albero può diventare capace di generare
frutti? Conosciamo l'ira di Gesù verso l'albero di fico che non
sa fruttificare e la sua condanna alla sterilità eterna.E' la stessa
ira che anima - in una celebre parabola evangelica -la stizza del
padrone dei campi di fronte a colui tra i suoi servitori che ha
preferito seppellire il suo talento per conservarlo, anziché
rischiare di farlo fruttare. Per " paura", per paura ha deciso di
seppellire il denaro consegnatogli dal suo padrone, precisa il
servitore. Ha scelto di sotterrare la sua quota per paura di
perdere tutto. E' la paura che frena la vita nel generare i suoi
frutti. E' la paura che ha spinto l'uomo a interrare il denaro. E'
la paura, l'assenza di fede che insterilisce l'albero.
" Chi più ha, più avrà! " insiste invece Gesù, esasperando
volutamente la radicalità del suo messaggio : solo l'esposizione
dell'esistenza al rischio della nuda fede rende possibile la
generatività; solo la spinta a dare i propri frutti rende la vita
degna di essere vissuta.
Ma non è questa forse una possibile definizione analitica del
desiderio ? Non è il desiderare la forza della nuda fede?. Chi
più ha fede, chi più rischierà sulle sue possibilità, chi più si
saprà esporre alla contingenza illimitata dell'esistenza, all'
imprevisto, alla sorpresa dell'incontro; chi più avrà questa fede,
la nuda fede del desiderio, più saprà rendere le possibilità
davvero possibili, " più avrà" sostiene Gesù. Altrimenti c'è il
destino del fico che perde l'appuntamento col desiderio. Perchè
è sempre" adesso" che si tratta di dare i propri frutti.Non chissà
quando, non più tardi, non quando sarò sufficientemente maturo
Tra le foglie del fico non c'è un solo frutto. Il fico è allora
maledetto per l'eternità perché ha mancato il tempo della
soddisfazione.Il suo destino manifesta così il destino che attende
quell'esistenza che riduce la sua vita alla mera sopravvivenza
biologica, alla conservazione di sé, alla difesa strenua di quello
che già ha. Il talento resta assente, viene sepolto sotto terra.
Per paura, dicevamo. L'arretramento della vita, l'assenza di
possibilità, la rinuncia alla speranza, la rassegnazione, il
ripiegamento mortifero e depressivo sono tutte strategie di
evitamento del rischio del desiderio. (…)
Massimo Recalcati da Elogio del fallimento
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