(...) Avere amici animale e vegetali, praticare la vista meravigliata e meravigliosa introduce al sollievo dell'impersonalità. Perché andare in profondità meditando non è solo l'archeologia della storia personale, ma anche sentire che non c'è persona ,assaporare la sofferenza senza cadere nella rete del raccontarla, ma lasciando che sia lei a raccontare, se ha qualcosa da rivelarci, e sentire che i suoi racconti servono solo e renderci più precisi nella compassione verso noi stessi, più acuti nel riconoscere il c'è della sofferenza in noi e attorno a noi. Impersonalità non è diventare invisibili e innocui, ma innocenti, consapevoli della propria fragilità e della propria capacità di nuocere, consapevoli del c'è . Consapevoli anche di splendere. E splendere. Perchè c'è e i bambini guariscono in fretta se sono compresi e curati : non gli piace essere malati e lo stesso fa il cuore, anche un vecchio cuore.
Accorgersi che anche la gioia, come la sofferenza è un c'è , e che è diversa dall'allegria; non vuole essere dimostrata: se a un animale viene da sorridere, sorride anche se è nel deserto: non vuole essere visto, non vuole essere non visto. Dunque, la gioia c'è ed è una gioia che tiene conto del nostro dolore, non un'allegria che lo cancella. E' una gioia su misura, che ci conosce bene.
Gli animali e gli alberi insegnano a non sapere, a tollerare di stare al mondo senza l'ossessione di capire. La loro assenza di controllo mi pare renda il loro mondo non più minuscolo, ma anzi vastissimo, misterioso. Sanno abbandonarsi, conoscono e insegnano una fiducia primaria e radicale. (...)
Chandra Livia Candiani da Questo immenso non sapere (Conversazioni con alberi, animali e il cuore umano )
Nessun commento:
Posta un commento