Parlasse anche a me quand'ero un bambino...
DA MADRE A FIGLIO
Le palpebre chiuse, piano, senza stringerle
che si perde la memoria della luce.
Adesso apri e non guardare niente.
Lentamente trova l'ombra ( ce n'è sempre ),
trova una linea, un contorno sullo sfondo.
Adesso guardati le mani. Se le vedi,
calcola la distanza che separa
la loro forma dalle sagome più scure:
ora trasforma il vuoto in volume.
Avrei voluto insegnarti un bene grande,
l'acqua che nasce, le nuvole selvagge
sopra i campi profumati dai sambuchi.
Avrei voluto il tempo di conoscere
il mio cuore che ti aiutava a crescere.
Ma non c'è tempo. Lentamente, trova l'ombra,
trova una linea, trasforma in orizzonte
la distanza tra un'ombra nera e il fondo.
Posso insegnarti a vedere al buio.
Non c'è mai tempo, prova adesso, prova.
***
Si poteva fare strage di animali selvatici
in quei giorni, mentre l'acqua saliva.
Ma le creature più lente, le bestiole della zolla
e degli alberi, restavano con le case
e le masserizie abbandonate dov'erano.
Anche Guerrino e la Bianca - si dice, aggiungendo
che è una leggenda - erano creature lente,
erano arredamento che non ci poteva stare
in un'altra casa, arnesi inutili altrove.
***
Entrò dalla penombra
con un vitello in braccio,
grondanti, anche l'animale, e più pallidi
dei muri, che per un istante abbiamo pensato
che fosse venuto su dalla vecchia strada interrotta
che scende - opalescente - sotto l'acqua.
Ma eravamo noi i clandestini, nella stalla,
entrati per cercare riparo
e poi assuefatti al tepore, alla luce gialla del neon.
Nella cucina - dopo - non potendo rifiutare l'offerta
di un vino da poco, parlavamo troppo forte,
per non sentire le voci che sussurravano nella pioggia.
***
VISITA
Le mani strette sopra la tavola
fa silenzio la testa sul bicchiere, aspettando,
ma non qualcuno, non me.
Io ho sulle spalle ancora le montagne,
le alte montagne di neve risplendono
dentro la stanza chiamano luce, luce e lui
attento a non versare,
sbaglia il mio nome dolcemente,
parla con mio fratello morto.
Gli accarezzo la testa, li lascio stare
tranquilli mentre continua a parlare.
Porto il pane al suo posto, il piatto nel lavello,
ripiego il giornale vecchio.
Dovrebbe il tempo adesso aprirsi
per le montagne così presenti,
sentisse anche lui chiamare la luce
delle montagne lontane
e i capelli risplendere freschi,
parlasse anche a me, ma non quello di adesso,
a me quando ero un bambino
pieno di luce sulle sue spalle.
***
NATURA
La forza che spacca il tempo dentro il legno
e trascina le pietre nel mese di marzo
a valle dei torrenti, l'accanimento della materia
alla rovina, a rinascere, lo sforzo della mente
per figurarsi la pioggia innumerevole,
per arginare i silenzi, dove cede
a un limite breve, a un'ombra, dove diventa
nostra, e subito felicità, subito angoscia?
Gian Mario Villalta da La vanità della mente
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