sabato 30 luglio 2022

LA VANITA' DELLA MENTE PER VILLALTA

 


                                               Parlasse anche a me quand'ero un  bambino...




DA MADRE A FIGLIO


Le palpebre chiuse, piano, senza stringerle

che si perde la memoria della luce.

Adesso apri e non guardare niente.

Lentamente trova l'ombra ( ce n'è sempre ),

trova una linea, un contorno sullo sfondo.

Adesso guardati le mani. Se le vedi,

calcola la distanza che separa

la loro forma dalle sagome più scure:

ora trasforma il vuoto in volume.


Avrei voluto insegnarti un bene grande,

l'acqua che nasce, le nuvole selvagge

sopra i campi profumati dai sambuchi.

Avrei voluto il tempo di conoscere

il mio cuore che ti aiutava a crescere.


Ma non c'è tempo. Lentamente, trova l'ombra,

trova una linea, trasforma in orizzonte

la distanza tra un'ombra nera e il fondo.

Posso insegnarti a vedere al buio.

Non c'è mai tempo, prova adesso, prova.



                                       ***


Si poteva fare strage di animali selvatici

in quei giorni, mentre l'acqua saliva.

Ma le creature più lente, le bestiole  della zolla

e degli alberi, restavano con le case

e le masserizie abbandonate dov'erano.

Anche Guerrino e la Bianca - si dice, aggiungendo

che è una leggenda - erano creature lente,

erano arredamento che non ci poteva stare

in un'altra casa, arnesi inutili altrove.



                                           ***


Entrò dalla penombra

con un vitello in  braccio,

grondanti, anche l'animale, e più pallidi

dei muri, che per un istante abbiamo pensato

che fosse venuto su dalla vecchia strada interrotta

che scende - opalescente - sotto l'acqua.

Ma eravamo noi i clandestini, nella stalla,

entrati per cercare riparo

e poi assuefatti al tepore, alla luce gialla del neon.

Nella cucina - dopo - non potendo rifiutare l'offerta

di un vino da poco, parlavamo troppo forte,

per non sentire le voci che sussurravano nella pioggia.



                                         ***


VISITA


Le mani strette sopra la tavola

fa silenzio la testa sul bicchiere, aspettando,

ma non qualcuno, non me.

Io ho sulle spalle ancora le montagne,

le alte montagne di neve risplendono

dentro la stanza chiamano luce, luce e lui

attento a non versare,

sbaglia il mio nome dolcemente,

parla con mio fratello morto.

Gli accarezzo la testa, li lascio stare

tranquilli mentre continua a parlare.

Porto il pane al suo posto, il piatto nel lavello,

ripiego il giornale vecchio.

Dovrebbe il tempo adesso aprirsi

per le montagne così presenti,

sentisse anche lui chiamare la luce

delle montagne lontane

e i capelli risplendere freschi,

parlasse anche a me, ma non  quello di adesso,

a me quando ero un bambino

pieno di luce sulle sue spalle.



                                         ***


NATURA


La forza che spacca il tempo dentro il legno

e trascina le pietre nel mese di marzo

a valle dei torrenti, l'accanimento della materia

alla rovina, a rinascere, lo sforzo della mente

per figurarsi la pioggia innumerevole,

per arginare i silenzi, dove cede

a un limite breve, a un'ombra, dove diventa

nostra, e subito felicità, subito angoscia?




                Gian Mario Villalta    da    La vanità della mente


 

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