Cimitero degli Inglesi - Firenze
Ancora, quando fa sera, d'ottobre,
e pei viali ai platani la nebbia,
ma leggera, fa velo, come a questi nostri
tempi, fra i muri d'edera e i cipressi
del Camposanto degli Inglesi, i custodi
bruciano sterpi e lauri secchi.
Verde
il fumo delle frasche
come quello dei carbonai nei boschi
di montagna.
Morivano
quelle sere con dolce strazio a noi
già un poco fredde. Allora m' era caro
cercarti il polso e accarezzarlo. Poi
erano i lumi incerti, le grandi ombre
dei giardini, la ghiaia, il tuo passo pieno e calmo
e lungo i muri delle cancellate
la pietra aveva - dicevi - odore d'ottobre e il fumo
sapeva di campagna e di vendemmia.
Si apriva la tua cara bocca rotonda nel buio
lenta e docile uva.
Ora è passato
molto tempo, non so dove sei, forse vedendoti
non riconoscerei la tua figura. Sei certo
viva e pensi talvolta a quanto amore
fu, quegli anni, tra noi, a quanta vita
è passata. E talvolta al ricordare
tuo, come al mio che ora ti parla, vana
ti geme - e insostenibile - una pena,
una pena di ritornare, quale
han forse i poveri morti, di vivere
là, ancora una volta, rivedere
quella che tu sei stata, andare ancora
per quelle sere di un tempo che non esiste più,
che non ha più alcun luogo.
Anche se scendo a volte per questi viali
di Firenze dove ai platani la nebbia,
ma leggera, fa velo, e nei giardini
bruciano i malinconici fuochi d'alloro.
Franco Fortini da Poesia e errore, 1947
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