E tanto amara la mia vita spiegazzata come un cencio...
( Quanto fu lunga la mia malattia,
e tanto amara la mia vita in quella
fu stretta e spiegazzata come un cencio,
e io pallido e stanco come un mondo
dovessi sopportar tutto
su la mia schiena, faticavo tanto,
m'immaginavo mondi tutti assai più
lievi e volatili di questo mio,
che tanto m'affliggeva e tormentava,
e vaneggiavo di nascoste verità
e cieli quieti di pensieri chiari
ove più mio l'animo affranto potesse
dimorare, e non trovavo queste
cose che non esistono, e soffrivo ).
***
Fui prigione di cifre d'alfabeto
e delle loro forme allineate
e dello sciocco mistero che non mai
muti maestri insegnano a noi.
Mai mi fu detto e con stenti imparai
che non v'è ossa e sangue nelle cose
morte, di che si possa - meravigliose -
dimenticarne, eterne. E non più mai
le perfezioni del pensiero a queste
cose inanimate san provvedere
che sian così mutevoli e leggere
da non imprigionare i vivi. Tanto
noi siamo, d'aerea vita soltanto
nuda dimora della vita e tanto
basta ad avere caro il grave, il centro
imperfettibile, d'ignoto peso.
***
M'innamoro di cose lontane e vicine,
lavoro e sono rispettato, infine,
anch'io ho trovato un leggero confine,
a questo mondo che non si può fuggire.
Forse scopriranno una nuova legge
universale, e altre cose e uomini
impareranno ad amare. Ma io ho nostalgia
delle cose impossibili, voglio tornare
indietro. Domani mi licenzio, e bevo
e vedo chimere e sento scomparire
lontane cose e vicine.
***
A scrivere ho imparato dagli amici,
ma senza di loro. Tu m'hai insegnato
ad amare, ma senza di te. La vita
con il suo dolore m'insegna a vivere,
ma quasi senza vivere, e a lavorare,
ma sempre senza lavoro. Allora,
allora io ho imparato a piangere,
ma senza lacrime, e a sognare, ma
non vedo in sogno che figure inumani.
Non ha più limite la mia pazienza.
Non ho pazienza più per niente, niente
più rimane della nostra fortuna.
Anche a odiare ho dovuto imparare
e dagli amici e da te e dalla vita intera.
***
Ma oltre queste verità e dentro queste
vuote parole ho perso la misura.
Ora io so soltanto che son seduto
a questo tavolo e che per tante buone
ragioni ho tempo e odio da spendere.
E mi basta così senza nemmeno
maledire. Non è perdere al gioco,
e poi fa bene vivere. Un'arte
marziale voglio imparare, di che sempre
si possa indugiare di far male.
Un teatro astratto di colpi e pensieri
per i giorni neri. E poi le gioie e insieme
con gli amici far niente.
Beppe Salvia da Cuore
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