(...) Il trapasso e la morte sono in primo piano nel processo analitico, e c'è una profonda affinità tra questa cerimonia rituale che è l'analisi e l'esperienza della morte così come ce ne parla la letteratura religiosa di ogni tempo, in cui la morte è il riconoscimento di un destino dal quale il credente non è annientato. D'altra parte, è proprio in questo " sacro recinto" che nasce necessariamente una relazione affettiva, intendendo con essa l'attivazione da parte del paziente di tutte le forze erotiche cui fa appello l'anima per cercare risposte ai suoi bisogni d'amore, odio, fame, collera, idealizzazione, abbandono. La pressione erotica e la condivisione del sentimento di angoscia animano l'interazione analitica e - in questi casi - la seduttività del paziente è molto spesso un'arma di difesa per tentare di battere l'analista sul suo stesso terreno e con le sue stesse armi; insomma, per vincere la paura di essere sedotto seducendo il seduttore.
Sempre, infatti, l'acquisizione di una nuova coscienza e di nuova conoscenza di sé è collegata al senso di colpa, alla trasgressione, alla paura di " mettere a morte l'altro", l'altra parte di sé che deve morire, l'abito vecchio, ma anche l'altro invisibile con cui si è identificati nel profondo, il genitore interno, separarsi dal quale diventa la più tragica delle evenienze. Perchè è un " lasciare l'altro al suo destino", lasciarlo " riposare in pace ", lasciarlo morire, in poche parole significa - per la coscienza afflitta e prigioniera - tradirlo. D'altro canto, questa autentica " discesa agli inferi ", che è l'immersione nell'inconscio, inevitabile in un processo analitico, rischia di mettere definitivamente in crisi la già precaria e solo apparente unità della persona, costretta a confrontarsi con lo sconosciuto che ospita in sé, l'Ombra. Ha allora inizio il conflitto con questa parte di sé difficile da accettare, un conflitto che può disorientare la coscienza e depotenziarla fino a " un'ottenebramento della luce ", suggestiva metafora junghiana. Questo passaggio nell'ignoto può essere a volte così tenebroso che il terapeuta diventa per il paziente l'unico appiglio a cui aggrapparsi con quella parte dell'Io che, impegnata nell'alleanza terapeutica, non può destrutturarsi. Per sfuggire al confronto con l'Ombra, che costella la depressione e la colpa, si può anche " agire" una seduzione nei confronti dell'analista. Sin dagli inizi della sua professione, Jung sostenne che il " transfert", cioè la " traslazione erotizzata ", avesse un senso e una finalità : esso poteva nascere da difficoltà a stabilire un contatto e un'armonia emotiva, dunque come tentativo inconscio di coprire la distanza che separa il paziente dall'analista. Quando non si scorge alcun territorio comune, sorge nell'analizzando, come fosse un ponte compensatorio, un sentimento appassionato o una fantasia erotica. Questo accade spesso in pazienti psicologicamente isolati, che temono di non riuscire ad essere compresi neppure dall'analista, e che tentano di propiziarsi le circostanze e la loro inconscia avversione con una sorta di corteggiamento. (...)
Aldo Carotenuto da Rivista di psicologia analitica
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