Ma quando da morte passerò alla vita,
sento già che dovrò darti ragione, Signore.
E come un punto sarà nella memoria
questo mare di giorni.
Allora avrò capito come belli
erano i salmi della sera;
e quanta rugiada spargevi
con delicate mani, di notte, nei prati,
non visto. Mi ricorderò del lichene
che un giorno avevi fatto nascere
sul muro diroccato del Convento,
e sarà come un albero immenso
a coprire le macerie. Allora
riudirò la dolcezza degli squilli mattutini
per cui tanta malinconia sentii
ad ogni incontro con la luce.
Allora saprò la pazienza
con cui m'attendevi; e quanto
mi preparavi, con amore, alle nozze.
Ed io non riuscivo a morire.
Piangevo, mentre ti pascevi,
della mia solitudine. Mai
canto di gioia intonò il mio cuore,
stordito dalla fragranza delle creature.
Ogni voce d'amore era singulto. Invece
eri Tu che odoravi nella carne.
Tu celato in ogni desiderio,
o Infinito, che pesavi sugli abbracci.
Uno stesso tremolìo - o bufera - sulla superficie
del mare come dentro le onde del calice. Eri
dovunque. E gli altri intanto
si baciavano solo sulla bocca,
ma io ti mangiavo tutte le mattine.
E allora perché, perché
ero così triste?
David Maria Turoldo da Udii una voce
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