martedì 16 giugno 2020

RILKE E LA POESIA




                                                       In che strumento noi siamo tesi ?


CANTO D'AMORE

Come posso tener l'anima mia
che non tocchi la tua? Come dovrò
sopra te sollevarla agli altri oggetti?
Oh, vorrei volentieri giù nel buio
portarla da qualcosa ch'è perduto,
in luogo ignoto e quieto, che non vibri,
se vibrano le tue profondità.
Eppure tutto quello che ci tocca,
sia te che e, ci prende insieme ancora,
come un'arcata, che una voce sola
ricava da due corde. In che strumento
noi siamo tesi? E quale suonatore
ci tiene in mano? O dolce canto.


                                                ***

TOMBA D'UNA GIOVANE FANCIULLA

Ci ricordiamo ancor. Quasi di nuovo
tutto questo dovesse ancor venire.
Come un albero di limoni, a riva,
portava i piccoli leggeri seni
nel rumore del suo sangue 
                                  - di quel dio.

Ed egli era lo snello fuggitivo
che seduce le donne. Dolce e ardente,
e caldo, com'è caldo il tuo pensiero;
ed ombreggia il fianco virginale
ed è proteso come le tue ciglia.


                                                 ***

PIETA'

Così - Gesù - vedo i tuoi piedi ancora
ch'erano i piedi un dì d'un giovinetto,
e li spogliai, smarrita e li lavai;
com'erano confusi ai miei capelli,
come una bianca fiera in un roveto.

E vedo le tue membra mai amate
questa notte d'amore finalmente.
Non ci posammo ancora insieme stretti,
ed ora è solo attonito vegliare.

Eppur, vedi, le mani tue son lacere :
oh, amato, non per me, per i miei morsi.
E' aperto il cuore tuo, vi si può entrare:
e solo a me doveva essere aperto.

Ora sei stanco, e la tua stanca bocca
non vuole la mia bocca dolorosa.
Gesù, Gesù, quando l'ora nostra?
Andiamo insieme stranamente a fondo.


                                                 ***

CANTO DELLE DONNE AL POETA

Vedi, come ogni cosa s'apre: siamo
così anche noi, null'altro se non tale
beatitudine. Le tenebre e il sangue
d'un animale, in noi diventa spirto

e grida quale spirto verso te.
Tu certo solo in volto lo trattieni,
come un paesaggio, mite e senza brame.
E crediamo perciò che tu non sia

quello per cui si grida. Eppure in te
senza esitare noi ci perderemmo?
E in un altro più grandi diventiamo?

Con noi trascorre e passa l'infinito,
ma tu rimani - o bocca - che ora udiamo,
ma tu, che di noi parli, tu rimani.


                                                     ***

LA MORTE DEL POETA

Giaceva. Il volto sollevato e pallido
sui ripidi cuscini ed in diniego,
dacché del mondo quel che si conosce,
strappato dai suoi sensi,
nel tempo noncurante giù ricadde.

Chi vivere lo vide, non sapeva
quant'egli fosse a tutto questo unito:
a questo: i prati, le profondità
e queste acque ch' erano il suo viso.

Oh, il suo viso era questo vasto spazio,
che ancor lo vuole adesso e di lui chiede;
e la maschera, che ora muore in pena,
è delicata e aperta come polpa
d'un tratto che si sta guastando all'aria.


                                             ***

LA MORTE DEGLI INNAMORATI

 Egli sapeva della morte solo
quello che tutti sanno: che ci prende
e nella muta dimora ci spinge.
Ma quando lei da lui,no, non strappata,

ma lievemente sciolta dai suoi occhi,
scivolò ad ombre ignote, e lui sentì
che laggiù il suo sorriso di fanciulla
era come una luna a far del bene;

allora i morti a lui furono noti,
quasi per lei di loro con ognuno
fosse parente: e lasciò parlar gli altri,

senza prestarvi fede, e quella terra
dolcissima chiamò, ed ameno luogo.
E la tastò per giungere ai suoi piedi.


                                                ***

NINNANANNA

Se ti perdo, puoi tu ancora
dormire senza ch'io su te
qual di tigli una corona
mi consumi a sussurrare?

Senza ch'io ti vegli qui
e parole sui tuoi seni,
quasi palpebre, deponga
sulle membra, sulla bocca?

Senza ch'io ti chiuda e sola
con il mondo tuo ti lasci
quel giardino con aiuole
di melisse e gelsomini ?



             Rainer Maria Rilke   da   Nuove poesie  ( 1903 - 1908 )

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