Fu dolce - in altro tempo - primavera...
COMPOSITA SOLVANTUR
Transi hospes et orna mensam
et ne differas de die in die.
Repulsa est a pace anima mea.
Tetigit eam ventus urens
et fructus suas destrinxit.
Transi hospes et orna
mensa... Solem nube tectum
cernitur nec de coelo
nobis fulgit luna.
( I COMPOSTI SI DISSOLVONO )
Vieni straniero e prepara la tavola
e non rimandare di giorno in giorno.
E' stata allontanata dalla pace l'anima mia,
l'ha colpita un vento ardente
e ha colto i suoi frutti.
Vieni straniero e prepara
la mensa... Il sole coperto da una nube
vediamo, né dal cielo
a noi brilla la luna. )
***
SE VOLESSI UN'ALTRA VOLTA...
Se volessi un'altra volta queste minime parole
sulla carta allineare ( sulla carta che non duole )
il dolore che le ossa già comportano
si farebbe troppo acuto, troppo simile all'acuto
degli uccelli che al mattino tutto chiuso, tutto muto
sull'altissima magnolia si contendono.
Ecco scrivo, cari piccoli. Non ho tendine né osso
che non dica in nota acuta " Più non posso".
Grande fosforo imperiale, fanne cenere.
***
APRILE TORNA...
Aprile torna e a sera un frescolino
irrora gote di ragazze accese:
in un palio ciclistico protese
volanti rubiconde mutandine.
Come rauche ora vociano parole
quasi laide nell'aria della sera!
Fu dolce - in altro tempo - primavera.
Godono pepsi- cola ignude gole.
I ragazzi le annusano. Una bella
passò, di zinne e deltoidi ribaldi
e d'altro che acre un dì mi fu diletto.
Ma come mai sensibile diletto
trovar non so che me attonito scaldi?
Sì, d'aprile il dormire è cosa bella.
***
QUELLA CHE...
Quella che
è ritornata questa notte in sogno.
Uno dei miei compivo ultimi anni.
" Sono - le chiesi - vicino a morire ?"
Sorrise come allora.
" Di te so - mi rispose - tutto. Lascia
quel brutto impermeabile scuro.
Ritornerai com'eri. "
***
DA UNA CANZONE DEI PRIMI DEL SECOLO
O vita, o vita mia,
o cuore di questo cuore,
come sono corse le nostre ore,
come lunga la via!
Se parole dico ancora, se
guardo e non so più che cosa,
la prima e l'ultima sarai per me,
ansia mia amorosa.
***
COMPIENDO SETTANTACINQUE ANNI
Com'è che sei venuto a questo sole chiaro
e al sedile delle lisce mattonelle?
Ora sul fondo delle tue pupille
il mondo senza fine vero appare.
Sei quel che allora un giovane non vide:
lo spruzzo del delfino, la dritta sterna bianca,
questa ira ostinata che ti stanca,
la gabbianella minuta che ride.
Franco Fortini da Composita solvantur
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