Quante maschere ha, questa primavera...
Il mio personale meteorologo si chiama Francesca e ogni tanto annuncia tempesta. L' altro giorno ha detto di una perturbazione ( solitudine? ) in arrivo. Non mi sono agitato: ho sfogliato un libro, ho pensato a te, ho concluso affari, ho detto in giro che a Venezia non sono stato mai.
Quante maschere ha, questa primavera.
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Non rispetterò oltre la tua intelligenza e la tua sensibilità : non insieme. La prima mi assedia, spossa e divide; la seconda è un raffreddore preso in piena estate, il naso chiuso e secco dentro che ne consegue.Posso amarti? Sì. Posso amare queste tue passioni? Non insieme ( ripeto ): deperisco.
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Di ogni equivoco fare un incantesimo. Il prestigio non è la colomba che scompare, quanto il dito a cui - una volta riapparsa - s'aggrappa ancora.
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Convivono in me compiutezza e mutazione. Se qualcosa mi salva, è però quest'ultima : avere sempre parti nuove da interpretare.Per recitarle - lo ammetto - devo amare l'inedito. Ma se io ho te soltanto: tu detta, tu stradetta che richiami compiutezza - io non trasfiguro niente, non muto più, e così non resta che una mossa: essere te, ormai privo di me.
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Ma le regole d'ingaggio non le ho stabilite io. Ogni donna è libera di sperimentare le libertà che sul suo corpo sono state tracciate dagli uomini. Funziona come per le sezioni di vacca disegnate sui poster in macelleria. Per fuggire un dogma c'è solo il pittoresco.
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Abolito il desiderio, ci accomuna la necessità e che niente è quel che si racconta. Ci accomuna che l'incontro non è prefissato, e la parola che non pone più distanza, ma affatica.
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Di stanchezza è pieno il mondo. La tua, la mia, hanno la stessa luce di certe albe di gennaio. La mia è diventata forza. La tua intensità. Io zoppo, tu guercia, questo non ha fatto di noi due pirati. Allora ho creduto - religiosamente - nella garza ( non per il peccato o i colpi sul petto, ma per l'attesa ).
Sei poi guarita?
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Se l'avessi dominata non sarebbe stato così interessante. Diventava bella dopo una o due ore di conversazione. Gesticolava di seno e di mani, io ascoltavo con gli occhi. Insieme avevamo la leggerezza di quei rapporti che non iniziano mai. Nel momento del commiato, lei aveva orecchie piccole, io pelose - ed ero ancora libero.
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Il tempo che passavo a decifrare te, adesso è per decodificare me. Ti risparmio però l'elenco di macerie, case diroccate, mura solitarie e archi rampanti che non tengono più nulla. Se hai un nome per questo passaggio di vita ( mi auguro sia breve ), fa' di tutto - ti prego - per smarrire la voce. O anche solo il telefono.
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Se la vita diventa il magazzino della morte ( dove l'ho sentita ? ), allora tu sei finita - finita per me , è chiaro. L'amore elettrico per la replica di un fantasma - per quanto anodina - necessita di alimentazione continua. Ma tu hai spezzato il giorno, ogni giorno, finchè anche il cavo ha ceduto e il futuro - come spesso accade - ha impedito il passato.
Marco Montanaro da Il vapore e la ruggine
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