UNA DONNA FENOMENALE Le donne belle si chiedono dove sia il mio segreto Io non sono attraente e non ho misure da modella ma quando comincio a raccontare, pensano che io stia dicendo bugie. Io dico, è nell'estensione delle mie braccia, nelle curve dei miei fianchi, nell'andatura del mio passo, nel ricciolo delle mie labbra. Sono una donna fenomenale. Una donna fenomenale, questa sono io. Io entro in una stanza tanto disinvolta come piace a te, agli uomini, i maschi rimangono fermi o cadono in ginocchio. Poi sciamano attorno a me, un alveare di api. Io dico, è il fuoco nei miei occhi e il bagliore dei miei denti, l'ondeggiare del bacino, la gioia dei miei passi. Sono una donna fenomenale. Una donna fenomenale, questa sono io. Gli uomini stessi si sono chiesti cosa vedono in me. Ci provano così tanto ma non possono toccare il mio mistero più profondo. Quando provo a mostrarglielo dicono ancora che non riescono a vederlo. Io dico, è l'arco della mia schiena, il sole del mio sorriso, la curva dei miei seni, la grazia del mio stile. Sono una donna fenomenale. Una donna fenomenale, questa sono io. Ora voi capite perchè il mio capo non è chino. Io non grido o salto su non devo parlare tanto forte. Quando mi vedete passare dovreste essere orgogliosi. Io dico, è nel rumore dei miei tacchi, la piega dei miei capelli, il palmo della mia mano, il bisogno delle mie attenzioni, perchè io sono una donna fenomenale. Una donna fenomenale, sono io. *** HO TANTA FEDE IN TE Ho tanta fede in te che durerà ( è la sciocchezza che ti dissi un giorno) finchè un lampo d'oltremondo distrugga quell'immenso cascame in cui viviamo. Ci troveremo allora in non so che punto se ha un senso dire punto dove non è spazio a discutere qualche verso controverso del divino poema. So che oltre il visibile e il tangibile non vi è vita possibile, ma l'oltrevita è forse l'altra faccia della morte che portammo richiusa in noi per anni e anni. Ho tanta fede in me e l'hai riaccesa senza volerlo senza saperlo perchè in ogni rottame della vita di qui è un trabocchetto di cui nulla sappiamo ed era forse in attesa di noi spersi ed incapaci di dargli un senso. Ho tanta fede che mi brucia; certo chi mi vedrà dirà è un uomo di cenere senza accorgersi che era una rinascita. *** NON SI NASCONDE FUORI Non si nasconde fuori dal mondo chi lo salva e non lo sa. E' uno come noi, non dei migliori. *** ANCORA SORGO Mi potrai denigrare nelle storia con odiose menzogne travisanti, potrai schiacciarmi nel letame ma ancora - come polvere - mi saprò levare. La mia sfacciataggine ti offende? Perchè sei così tetro? Perchè cammino come avessi un giacimento da cui estraggo petrolio nel salotto? Proprio com'è per la luna e per il sole, con la certezza delle maree, proprio come il librarsi di speranze, ancora saprò sorgere. Tu volevi vedermi avvilita? Testa china ed occhi bassi? Spalle cadenti come lacrime, infiacchita da pianti disperati? Il mio orgoglio ti offende? Ma non prenderla sul tragico perchè rido come avessi giacimenti d'oro nel mio cortile da scavare. Mi puoi sparare con le tue parole, con i tuoi occhi mi puoi perforare, col tuo odio puoi uccidermi, ma ancora come l'aria mi saprò levare. La mia sensualità ti turba? E' per te una sorpresa che io danzi come avessi dei diamanti là dove si uniscono le cosce? Dalle baracche della vergogna della storia io sorgo; da un passato radicato nel dolore io sorgo; sono un oceano nero, vasto e danzate, sgorgando e gonfiandomi ho in me la marea. Abbandonando le notti di paura e terrore io sorgo; nell'alba di un giorno meravigliosamente chiaro io sorgo; con me ho i doni dei miei antenati: sono sogno e speranza dello schiavo. Io sorgo. Io sorgo. Io sorgo. Maya Angelou da The Heart of a woman
Nascondo la polvere della mia solitudine... IO E LA MIA FELICITA' Io e la mia felicità aspettiamo le vibrazioni dei tuoi passi. *** E SQUISITA MALIZIA Mi sono guardata allo specchio e ho visto una donna pienamente soddisfatta, dallo sguardo radioso e squisita malizia. *** SEI MOLTO DIVERSO DAGLI ALTRI Sei molto diverso dagli altri. Il tuo segno distintivo: il mio bacio sulla tua bocca. *** IL DESIDERIO DIVAMPA IN ME Il desiderio divampa in me e i miei occhi scintillano: infilo le buone maniere nel cassetto più vicino divento Satana bendando gli occhi ai miei angeli solo per un bacio. *** BUSSANO ALLA PORTA Bussano alla porta. Chi è? Nascondo la polvere della mia solitudine sotto il tappeto, preparo un sorriso e apro. *** SONO LA LADRA DEI DOLCI Sono la ladra dei dolci esposti nel tuo negozio. Le mie dita sono appicicaticce ma non sono riuscita a metterne uno solo in bocca. *** CHE FOLLIA! Che follia! Il mio cuore, ogni volta che sente bussare, apre la porta. *** QUESTA SERA Questa sera un uomo uscirà in cerca di una preda per soddisfare il segreto dei tuoi desideri. Questa sera una donna uscirà in cerca di un uomo che la renderà la padrona del suo giaciglio. Questa sera la preda e il predatore si incontreranno e si compenetreranno e forse... forse si scambieranno i ruoli. Maram al - Masri da Le temps de l'amour
LA MELA Dici ch'è sto velo di tristezza che t'insiste como n'insetto sugli occhi che te vela anco se te parlo docia docia se te tocco piano la faccia e te dico mangia sta mela vedi com'è rotonda e rossa como se chiazza de giallo quasi c'abbia anco lei gli occhi ch'è sta nebbia dici e te dico c'uno pò passare il ferro e il cromo e la pesanza e la dulenza uno non pò passare sta su stanza de vita 'ncartocciata fatta d'empassità de strapazzo e pò girare tutto lieto como uscito nuovo de fabrica e de madre uno se porta sulla faccia el grido anco dietro la cravatta anco dentro na borsa che te fa de casa che te fa d'amica pa strada e tu ca guardi sta mela co sti punti de stelle e te fai tutta pupilla e me guardi m' arravogli nel tuo fascio me scompigli sta corazza c' ho messo anni a farla tosta ca me squagli como Lazzaro ca me giri a pieno tota la vacuità de sto destino ' nfame de dover resistere de dover fa tosta la mascella ca possan ridere sulo gli occhi se no è finita se no se sgama tutta la partita e uno gira per strada como fece la vecchia ma ecco qua che viene ci passa non ci passa aspetta si colma la fetta giusta la pazza ca entra nella piazza co lo stendardo co i cavalli colle stoppie co le fascaglie e gira gira in tondo gira gira in tondo mentre gli altri fanno ressa dietro la chiesa fanno corteo fanno cose e cose che poi fanno e sfanno si dimenticano non se pò fare come fece la pazza co lo stendardo co le tette per la piazza le tette nella piazza la gente tutta fuori la vecia fuori di testa la pazza che venne co lo stendardo proprio in mezzo al corteo co tutti i vecchi la vecchia nella piazza colle tette la toccavano mentre le sirene sulla piazza e il lettino e fuori di testa mentre la signora chiudeteli di nuovo chiudete la pazza la piazza ma chè sto clinamine diffuso s'empossibilità de fa fede al minuto dopo che c'embroglia già tutta na sarabanda de chiamata e noi giù a spostare la spina in altra presa giù a fare noi co sta tortura dì esser- io ch'è non tener la pianta e andar-per- calli per strade afflitte e circoscritte e non te portano a niente a semulacro de città de insegne lucenti ca s'accendono e se spengono e te dicon l'ora anco se non t'emporta de l'ora ma de guardare intorno de spiare il tetto delle case le verande co la sagoma appiccicata de qualcuno sanza qualità ca pensa al tempo e ai fatti suoi e non a noi ca non ci siamo già e tu ca guardi sta mela co sti punti de stelle e te fai tutta pupilla e me guardi m'arravogli nel tuo fascio me scompigli sta corazza dici ch'è sto velo de tristezza che t'insiste como n' insetto sugli occhi che te vela anco se te parlo docia docia anco se te tocco piano la faccia. Biagio Cepollaro da Scribeide 1985- 1989 (...) Come in un mondo medioevale, Scribeide mira a fornire l'immagine di una tonalità chiusa, seppur frammentata, insensata, incessantemente pulsante e vorticante. Ci sono la città metropolitana coi suoi linguaggi e il passato contadino coi suoi dialetti, il metrò e interni domestici - con quella Mela che dà il titolo a un poemetto indimenticabile, pieno di tenerezza per una dolce compagna; ci sono vuoti e pieni, versi apparentemente superflui per la loro disorganicità e sovrabbondanza e che tuttavia contribuiscono a questa sensazione di " gremito" e convulso che è Scribeide. Cepollaro gioca qui sul " montaggio" con ferma esattezza. Non tende tuttavia all' informale, bensì all'espressività, su una linea aspra e risentita ( anche eticamente ) che da Jacopone giunge sino a Pagliarani ( soprattutto al Pagliarani che mette in scena Savonarola). Nonostante le apparenze, i suoi versi non aspirano a un'endofasia letteraria, ma a una " girandola" fra il QUI della letteratura e l' ALTROVE della realtà materiale, nella richiesta -che scaturisce come da un vortice raggelato - di un " senso qui". Il suo sperimentalismo non ha niente di incomposto e di viscerale, ma tende a una cadenza meticolosamente misurata, a un ritmo quasi matematico. E tuttavia la sorpresa scatta ugualmente nel contrasto tra tale chiusura rigidamente formale e un'apertura invece informale; fra regola letteraria e dissonanza capace di mettere in scacco la norma e di schiudere dei varchi entro i quali può precipitare un caos - dell'inconscio e del reale - non facilmente addomesticabile. (...) Romano Luperini
E nessuno mi chiama per pranzo e per cena... Adesso che il tempo sembra tutto mio e nessuno mi chiama per pranzo e per cena, adesso che posso rimanere a guardare come si scioglie una nuvola e come si scolora, come cammina un gatto per il tetto nel lusso immenso di una esplorazione, adesso che ogni giorno mi aspetta la sconfinata lunghezza di una notte dove non c'è richiamo e non c'è più ragione di spogliarsi in fretta per riposare dentro l'accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta, adesso che il mattino non ha mai principio e silenzioso mi lascia ai miei progetti a tutte le cadenze della voce, adesso vorrei improvvisamente la prigione. *** Essere testimoni di se stessi sempre in propria compagnia mai lasciati soli in leggerezza doversi ascoltare sempre in ogni avvenimento fisico chimico mentale, è questa la grande prova l'espiazione, è questo il male. *** Guardate come lei si lascia catturare dal bastone che si muove, dalla minuscola mossa d'ala d'ogni mosca, dal rumore di ogni porta che si apre. E quando si mette sulle mie ginocchia sembrerebbe per sempre, le unghie quasi conficcate nella carne. Ma se passa un uccello alla finestra, addio baci, addio carezza, lei vola via. E poi - forse - ritorna. *** Addosso al viso mi cadono le notti e anche i giorni mi cadono sul viso. Io li vedo come si accavallano formando geografie disordinate: il loro peso non è sempre uguale, a volte cadono dall'alto e fanno buche, altre volte si appoggiano soltanto lasciando un ricordo un po' in penombra. Geometra perito io li misuro li conto e li divido in anni e stagioni, in mesi e settimane. Ma veramente aspetto in segretezza di distrarmi nella confusione perdere i calcoli, uscire di prigione, ricevere la grazia di una nuova faccia. *** Quella nuvola bianca nella sua differenza insegue l'azzurro sempre uguale: lentamente si straccia nella trasparenza ma per un po' mi consola del vuoto universale. E quando cammino per le strade e vedo in ogni passo una partenza vorrei accanto a me un bel viso naturale. *** Per simulare il bruciore del cuore, l'umiliazione dei visceri, per fuggire maledetta e maledicendo, per serbare castità e per piangerla, per escludere la mia bocca dal sapore pericoloso di altre bocche e spingerla insaziata a saziarsi dei veleni del cibo nell'apoteosi delle cene quando il ventre già gonfio continua a gonfiarsi; per toccare solitudini irraggiungibili e lì ai piedi di un letto di una sedia o di una scala recitare l'addio per poterti escludere dalla mia fantasia e ricoprirti di una nuvolaglia qualunque perchè la tua luce non stingesse il mio sentiero, non scompigliasse il mio cerchio oltre il quale ti rimando, tu, stella involontaria passaggio inaspettato che mi ricordi la morte. Per tutto questo io ti ho chiesto un bacio e tu complice gentile e innocente non me l'hai dato. Patrizia Cavalli da Il cielo
Prepara - al mio domani - i cani nani delle tue mani... (...) Io ti farò cuccù e curuccuccù - ragazza lavanderina - se mi bacia il tuo bacio a chi vuoi tu: ti farò reverenza e penitenza, questa in giù, quella in su, suppergiù : e tra i tonfi dei miei gonfi fazzoletti poveretti, ti farò - con le mie pene - cantilene e cantilene: e ti farò cracrà, crai e poscrai, in questa eternità del nostro mai, e poscrigna e posquacchera - da corvo bianco e stanco , e sordo e torvo : ma tu, prepara qui, al mio picchio, al mio picchio, la nicchia del tuo nicchio; di più : prepara al mio domani, i cani nani delle tue umane mani, le viti dei tuoi diti mignolini,le microsecchie delle tue orecchie, le arance delle tue guance, il minivaso del tuo naso, l'albicocca della tua bocca, i corbezzoli dei tuoi capezzoli; e con entrambe quelle tue gambe strambe,preparati anche le anche stanche tue, qui per noi due: per me, vecchio parecchio, prepara - nei tuoi occhi uno spicchio di specchio: io ti farò così, lo sai, lo so, lo vedrai, lì per lì, il mio cocoricò e chicchirichì. (...) Edoardo Sanguineti da Bisbidis
Lascio andare ogni mia cosa trafitta... " La maggior parte di noi conserva per molto tempo l'atteggiamento teologico di pensare di essere dei piccoli dei". Oliver Wendell Holmes
Con i loro riflessi violacei giungono placidi corvi... MOOSACKERWEG Gorgogliavi al telefono come i fagiani del Tremorgio ascoltati dalla costa che sale al Campolungo prima che vadano in pianta o dal lago in barca col guardiano Isidoro detto il Monco. Ora andiamo guardinghi fra giardini dove s'addensano dalie screziate, verso gli atri muscosi promessi dalla via. Non ti ferisce il sole, imbozzolato quanto basta, non ti disturba il ghiaino sparso con parsimonia. Garbatissimi cani levano appena un guaito ( taceranno al ritorno ). C'è chi innaffia, uguaglia o sfoltisce siepi di sempreverdi, chi ancora raggiunge una noce, uomini soli di sabato, l'uno distante anni luce dall'altro, gruezi rispondono quasi sorpresi al saluto, grussgott mentre con i loro riflessi violacei giungono placidi corvi che disertano un folto congresso in cielo per trascorrere qui, non privi di grazia posarsi su betulle, su meli... Esperti -di- sorrisi- dormienti all'ombra e al sole, tua nonna e io non tardiamo a capire quel che vuoi dirci: " Tutte quelle mele così rosse sul ciglio della strada, non raccoglietele, non sono buone, da queste parti finito il raccolto è difficile trovarne anche una sola che sia tutta sana, bella, liscia, non aspra. Ma non conta, ben altro può riempirci di gioia o contristarci, ben altro irridere a un tratto le nostre scarse difese ". Hai ragione. Matteo, non importa, procedamus cum pace. *** VERSO BASILEA La tetraclordibenzodiossina trovata nel latte di una donna di Amburgo che abita vicino a un inceneritore mi attraversa la mente nell'istante che il treno rallenta come senza perchè e un signore laconico getta un occhio fuori soffia Hoffmann- La Roche alla quasi assopita campagna. Vacche brucano in fila tra lunghe strisce di un giallo vicinissimo a un tratto, abbacinante. Flachs, dice il compito signore, ma sbaglia, o vede azzurro, è Raps, colza, già l'olio adulterato della seconda sillaba ha mietuto vittime in Spagna. Da un affisso una donna invita a non prendere troppo sul serio la vita. *** DAL BUFFO BLU Come alzo un dito non so perchè la coccinella che da un po' ti tiene compagnia, lascia il soffitto e viene a posarvisi, non so perchè nel viaggio breve dall'orlo al centro del tuo piatto alla formica son cadute le ali. Paperoso? Carìcido? E adesso è oggi, adesso è domani, tu non devi piangere se il pollice non è all'altezza delle altre dita; non devi prendertela perchè ci sono le ore. *** IN RIPA DI TESINO Nel mondo delle fiabe in primavera quando più forte odorano lungo il Ticino i sambuchi e sui sentieri gli armenti dei pioppi s'ammucchiano come neve soffiata, aumenta il numero dei suicidi, specie a causa del Fohn. Seduti tra i cespugli si ha un bel ridere vedendo passare con l'acqua timbri, attrezzi d'ufficio, si finisce con lo star male come alla stazione quando fra un treno e l'altro un colombo si posa sulle rotaie. Più ricca del Kuwait la Svizzera ha il primato dei suicidi in carcere, cinque su mille, un ingegnere delle ferrovie dice che molti si gettano sotto il treno, due in un mese a Bellinzona, l'altranno sessanta lungo la sola via del Gottardo. Si resta perplessi si guarda l'amico di fuorivia perplesso se a un tratto sul mezzodì viene incontro tra pallidi tronchi dei platani un anziano signore sconosciuto che chiede garbato da che parte è il Ticino, il fiume. Il fiume? Si addita dicendo che il ponte più vicino l'hanno tagliato e gli altri sono un po' tanto a nord, a sud. Ma non meno inattesa la gioia di vederci salutare con quasi festoso trasporto da chi credevamo travolto e invece passeggia, pietosamente toccato d'eterno, sulla diga, la giacca sottobraccio per il caldo. Giorgio Orelli da Spiracoli
FORSE MI PRENDE MALINCONIA Forse mi prende malinconia a letto. Se ripenso a mia vita tempesta e di mattina alzandomi s'involano i vani sogni e davanti alla zuppa di latte annego i miei casi disperati. Gli orli senza miele della tazza screpolata alla quale mi attacco a bere e nella gola scivola piano il mio dolore che s'abbandona alle immagini di ieri, quando tu c'eri. Che peccato questa solitudine, questo scrivere versi ascoltando il peccatore cuore sempre nella stessa stanza con due grandi finestre, un tavolo e un lettino di scapolo in miseria. E se l'orecchio poso al rumore solo delle scale battute dal rimorso, sento la tua discesa corrosa dalla speranza. *** Bruciavi d'amore e voluttà sul tram, nei calzoni scoloriti dall'estate. Sull'erba matta dei giardini di notte i nostri abbracci. Noi, le generazioni sterili per la morte. *** Dio mi moriva sul mare azzurro, sul suo pattino dove mi aveva invitato ad andare. Ma fu la gelosia, la normalità dei ragazzi a spingermi a rifiutare, ad alzare le spalle alle battute salaci. L' odore del mare riempiva le navi e tu cantavi negli occhi ridarelli vittoria. *** Quando mi alzo lo sguardo al giorno che nasce ogni volta per me senza rancore o bene. Mi preparo all'insonne pazzi quotidiana con smarrita voglia di respirare tutto il tempo invano passato. Che solo sa chi non fa tanti sforzi disperati di memoria. *** Lo chiamo me stesso questo uguale a tutti che ha i respiri corti e sovente s'ammala di troppe intenzioni né cessa di sperare; questo che vola in sogno e si veste leggero e si chiama allo specchio, che attende emissari da regioni di luce, questo coi piedi lenti... Di lui potrei raccontare storie anche gentili, ma è certo sua la colpa della mia diffidenza. *** PER SEMPRE Eri un'emozione per vivere, per stridere durante il pasto serale. Era emozionante ricevere posta. La mattina in fretta le scale scendevo e lì trovavo le ingiurie tue alla mortale natalità. Accuse per andare avanti. Ma dopo ti rendevi inquieta al delitto dei non detto se non rispondevo per le rime. O rima che dirti non sapevo senza la fuga in avanti di terzine squilibrate sul dolce stil vecchio della Musa canterina a presiedere gli ozi di Sodoma. Dirti che ero piano di sonno se l'immortalità era un pio desiderio, lugubre sospiro ti avrebbe annoiato. Talvolta una stradina mi risucchia indenne dove non alberga strepito di auto, allora sciolto dai tuoi lunghi sensi, camminare ti vedo per sempre. Dario Bellezza da Invettive e licenze
COMPOSITA SOLVANTUR Transi hospes et orna mensam et ne differas de die in die. Repulsa est a pace anima mea. Tetigit eam ventus urens et fructus suas destrinxit. Transi hospes et orna mensa... Solem nube tectum cernitur nec de coelo nobis fulgit luna. ( I COMPOSTI SI DISSOLVONO ) Vieni straniero e prepara la tavola e non rimandare di giorno in giorno. E' stata allontanata dalla pace l'anima mia, l'ha colpita un vento ardente e ha colto i suoi frutti. Vieni straniero e prepara la mensa... Il sole coperto da una nube vediamo, né dal cielo a noi brilla la luna. ) *** SE VOLESSI UN'ALTRA VOLTA... Se volessi un'altra volta queste minime parole sulla carta allineare ( sulla carta che non duole ) il dolore che le ossa già comportano si farebbe troppo acuto, troppo simile all'acuto degli uccelli che al mattino tutto chiuso, tutto muto sull'altissima magnolia si contendono. Ecco scrivo, cari piccoli. Non ho tendine né osso che non dica in nota acuta " Più non posso". Grande fosforo imperiale, fanne cenere. *** APRILE TORNA... Aprile torna e a sera un frescolino irrora gote di ragazze accese: in un palio ciclistico protese volanti rubiconde mutandine. Come rauche ora vociano parole quasi laide nell'aria della sera! Fu dolce - in altro tempo - primavera. Godono pepsi- cola ignude gole. I ragazzi le annusano. Una bella passò, di zinne e deltoidi ribaldi e d'altro che acre un dì mi fu diletto. Ma come mai sensibile diletto trovar non so che me attonito scaldi? Sì, d'aprile il dormire è cosa bella. *** QUELLA CHE... Quella che è ritornata questa notte in sogno. Uno dei miei compivo ultimi anni. " Sono - le chiesi - vicino a morire ?" Sorrise come allora. " Di te so - mi rispose - tutto. Lascia quel brutto impermeabile scuro. Ritornerai com'eri. " *** DA UNA CANZONE DEI PRIMI DEL SECOLO O vita, o vita mia, o cuore di questo cuore, come sono corse le nostre ore, come lunga la via! Se parole dico ancora, se guardo e non so più che cosa, la prima e l'ultima sarai per me, ansia mia amorosa. *** COMPIENDO SETTANTACINQUE ANNI Com'è che sei venuto a questo sole chiaro e al sedile delle lisce mattonelle? Ora sul fondo delle tue pupille il mondo senza fine vero appare. Sei quel che allora un giovane non vide: lo spruzzo del delfino, la dritta sterna bianca, questa ira ostinata che ti stanca, la gabbianella minuta che ride. Franco Fortini da Composita solvantur
COSANESAI Cosa ne sai, cosa ne sai... Niente ne seppi infatti prima che all'improvviso quando tutto pareva a posto - io che in me di crema e miele me la cullavo canora, coreografica eventualmente, in un qualche giardino appositamente allestito. E invece niente - fu asettica, vitaminica, per non dire del tutto jemenfoutiste. Alle mie sparute proteste - oh no, diciamo semplicemente legittime richieste di spiegazione: mi sembrava che tu avessi ventilato... C'è poco da ventilare, sardonica tagliauccelli con un risolino in gola o ( che è lo stesso ) un po' di naso nel tono che tra donne si scambiano confidenze, che mai ti prende vuoi scherzare - mi disse. E io, che quali amori chissà o tiepidi trionfali con lei e me al centro della cupola, sparutamente protestando - oh no, diciamo con urbanità domandando, coccige premuroso ad arco nella postura d'accoglienza di rispettosa istanza a un tempo chiappe e guancia porgendo al suo cosa ne sai - tanto per prendere tempo. Perché poi mi dicesse - tutto sul lieto fine puntavo - un veramente dolce cosa-ne-sai loschetta nel tono di quella che sotto il letto ti nasconde in fretta e - aspetta solo un momento, bisbiglia per liberarsi non so di un qualche noioso impegno preesistente o una scaletta dietro un paravento ti mostra. E fu in quella appunto che per sempre si eclissò mentre io ancora: ochèi, ochèi - ripetevo a lei perfettamente tranquillo gallinaceo continuando a beccare per terra calandrino e calarmi le brache... Per questo non mi piacciono i tristi amori lumache tutti i tuoi dopovedremo i tuoi cosanesai - ne ho abbastanza, ormai. Giovanni Giudici da Autobiologia
Signore : è tempo. GIORNO D'AUTUNNO Signore: è tempo. Grande era l'arsura. Deponi l'ombra sulle meridiane, libera il vento sopra la pianura. Fa' che sia colmo ancora il frutto estremo; concedi ancora un giorno di tepore, che il frutto giunga a maturare, e spremi nel grave vino l'ultimo sapore. Chi non ha casa adesso, non l'avrà. Chi è solo a lungo solo dovrà stare, leggere nelle veglie, e lunghi fogli scrivere, e incerto sulle vie tornare dove nell'aria fluttuano le foglie. *** Egli è terreno? No, dai reami diversi prese la vasta natura. Più esperto piega del salice i rami chi le radici del salice cura. Quando fa buio sul desco non resti pane né latte: attirano i morti - Me egli, evocatore, li desti e nello sguardo mite li esorti a mescolarsi a ogni cosa veduta; a lui l'incanto di erica e ruta sia vero come il rapporto più chiaro. Niente l'immagine salda cancella; sia dalla casa, sia dalla bara, celebri l'urna, il fermaglio o l'anello. *** Ecco, esaltare! A esaltare egli venne, sgorgò così come sgorga dal muto sasso il metallo. Il suo cuore è il caduco filtro d'un vino agli umani perenne. Non mai la polvere spegne la pura voce se l'eco del dio la trascina. Tutto diventa grappolo e vigna che il suo sensibile agosto matura. Non il marcire dei re nella tomba muta in menzogna il suo canto, non l'ombra che da figure divine si posa. Perchè egli è uno dei messi più forti che ancora oltre le soglie dei morti levano coppe di frutti gloriosi. *** Tu pensi fiori, grappoli, tralci... Certo non parlano questa più timida lingua dei mesi. Dal buio una varia ricchezza sorge, e ha il colore d'invidia dei morti: ai morti si nutre la zolla. Noi che sappiamo di tante fila? Da molto tempo certo la molle creta sopporta un'impronta sottile. Ora ti chiedo: dànno di cuore? E' questo il frutto di un'opera lenta di schiavi a noi che restiamo i signori? O sono loro i padroni: chi giace alle radici e a noi manda in silenzio un suo superfluo vigore di baci? *** Come ci prende il grido dei voli... Forse un qualsiasi grido pensato. Forse i bambini che giocano soli sanno gridare passandoci a lato. Gridano il caso. Nei vaghi interregni di questo spazio del mondo ( in cui puro entra lo strido d'uccello, e s'insinua l'uomo nel sogno ) essi piantano acuto il grido. - A noi che rimane? Tremanti di risa agli orli, aquiloni strappati sempre la vuota tempesta ci attira, stracci nell'aria. - Ma tu, dio del canto, ordina i gridi! Che a un segno destati alto trasportino il capo e la lira. Rainer Maria Rilke da Poesie
Oggi continuo a cercarti con le vene fuori dai polsi... A mia madre piangevano le ossa. Il volto le restava asciutto ma il corpo si faceva più corto per fuggire senza indietreggiare vicino a un uomo fatto di rumore. Io ero un pannello fonoassorbente come quelli ai lati delle autostrade. I nei allargarono i fianchi diventando adesivi di rondini e rimasi a reggere una primavera che né odorava né intiepidiva *** La tua mente piena di crepe si è rotta un giorno d'estate quando uno stupido incidente ti ha svelato che esisteva la morte. Tua sorella si è spenta dopo due anni di coma e il fumo della sofferenza ti ha scardinato la bocca. Sembravi un uccello implume che elemosinava cielo e calore e la carità per il tuo stomaco giunse sotto un tappo di sughero. *** Un alcolizzato lo riconosci da come sfugge ai pasti quando l'istinto di mangiare viene rapito da quello di bere. Il suo corpo arreso è un vecchio adesivo incollato ai bar della piazza su cui non si legge più nulla. *** L'ospedale era una sala giochi dove morivi e rinascevi. La tua energia lampeggiava come il neon nella sala d'attesa mentre anch'io giocavo me stesso in uno schema dove tu eri il mostro. *** Come galli da combattimento abbiamo obbedito all'odio che circondava la nostra mente agitando le sue unghie sporche. Non è vero e non è giusto dire che solo noi abbiamo perso perché in quel momento folle c'è stata un'epidemia di sconfitte. Hanno perso le sedie e i quadri di marine. Hanno perso i biscotti e le scintille dei fornelli. Hanno perso i lampadari e i libri magri dei poeti. *** Hai cercato di morire gettandoti nel mare e per farlo hai scelto la città che più odio. Solo adesso capisco che non era un dispetto: volevi essere certo che non ti avrei visto. Volevi essere sicuro che non avrei inseguito il verticale velo di schiuma di chi con un abisso si sposa. *** Psichiatria è un reparto che non conosce il silenzio. E' un bosco di cemento dove si caccia tutto l'anno. Tu avevi il collo dei cervi dopo l'esplosione dei fucili e nelle geometrie delle mattonelle cercavi una croce per la tua carne. *** Te ne sei andato di casa mentre ero girato di schiena. Ti tendeva il corpo lo stesso eccitamento di chi corre a trovarsi un riparo iniziando a sfidarsi a nascondino. Oggi continuo a cercarti con le vene fuori dai polsi: amare è un atto tremendo se tutto diventa un rasoio. Luca Bresciani da Canzone del padre