venerdì 24 aprile 2020

LA MALINCONIA DI CHRISTINE




         Duetto dell' Anima con Cristo  ( Dal Canto della Passione di Sant' Alfonso )



Christine Lavant nasce contadina a Klagenfurt, la patria di Musil e di Ingebord Bachmann, tutti e tre segnati dalla stessa malinconia carinziana. Il suo destino, segnato sin dalla nascita, sarebbe stato quello di imparare i lavori domestici e dedicarsi alla famiglia. Ma una necessità più forte le grida dentro: leggere, amare, poetare. C'è un fuoco che arde nascosto e che deve divampare per non estinguersi. Christine è dunque in bilico sin dagli anni dell'infanzia  fra ciò che le impone una rigida e arcaica tradizione e quello che prepotentemente sente di voler essere. Su questo doloroso dualismo si innesta a vent'anni il tentativo di suicidio e il conseguente - volontario - ricovero in un ospedale psichiatrico.

" Allora, bambina mia, il poetare lascialo a qualcun altro e quando il primario ti avrà portato alla ragione - tra uno, due anni - allora sii felice se troverai una signora che ti insegnerà tutti i lavori domestici. Chiaro ?"  .  (  I medici dell'ospedale )



MI HAI STRAPPATO FUORI DA OGNI GIOIA



Mi hai strappato fuori da ogni gioia,

ma io ne soffrirò soltanto,

solo e unicamente, finchè

ne avrò voglia, Signore,

In uno stato di ferocissime superbia

e furibonda audacia ti sto davanti.

Solleva la tua mano e fustigami,

vedrai che salterò sempre più in alto

e tu mi avrai davanti agli occhi in eterno,

una piccola sfera rossa e rabbiosa.

Ogni punto mi scaglia indietro verso di te

perchè mi hai strappato via da quell'unico punto

in cui ero cuore, gioiosa e tenera come un uccello,

per poi appallottolarmi

e scagliarmi nel dolore eterno.



                                           ***



DOV' E' FINITA LA MIA DESOLAZIONE?



Dov'è finita la mia desolazione?

Sono stata con lei molto severa

e l'ho quasi del tutto trasformata:

nel momento dell'addio era straniera e muta.

I suoi capelli salivano erti e tutti grigi

nella direzione da me voluta

e andandosene ancora masticava

la pietra che mi rotolava via dal cuore.

Quello non fu certo un ottimo pane:

ora gliene potrei impastare uno migliore.

La mia volontà ha schiacciato un chicco di grano

nel pieno di questa carestia.

Ma a chi piace mangiare da solo?

Se soltanto tornasse da me la mia desolazione

e mi togliesse la rabbia dalla bocca,

allora sì che anch'io sarei davvero sazia!



                                                                 ***



DIMENTICA IL TUO CIARPAME, CREATORE!



Dimentica il tuo ciarpame, Creatore!

O sarai creatore

di ciò che è cadavere e lo rimane

e si unisce alla terra

ben più volentieri che al cielo.

Vai, continua ad ammantare i gigli,

corrompi pure i passeri col miele vergine -

io vivo di ruggine e muffa.

Tu dici che questo non mi sazia

e blateri della città di Dio

che molti conquistano con il digiuno.

Non io! Mi piace vivere nell'argilla

per diventare pietra e tuttavia

mai esserti di peso.



                                                                ***



MORTE DIFFAMATA...



Morte diffamata, per me sei così bella!

Già di mattino ti penso come la mia capanna,

dove la sera mi trasferirò

e penso che sopra la capanna brillerà una stella.

Nemmeno del trasloco ho paura!

Certo, prima bisognerà bruciare molto,

prima di tutto il corpo con tutte le sue brame e dell'anima ciò che qui si è accumulato

in fatto di coraggio e di allegria.

Solo il mio amore – morte – non lo porterò con me!

Per lui, se davvero sei il mio rifugio,

dovrai preparare l'angolo migliore della mia capanna

e se possibile mettici anche una finestra,

perchè la stella, la buona stella di cui parlo ,

lo possa colmare di tutta la consolazione

che qui non gli ho mai potuto dare.


                                                                  ***



SOLO UN RAMO SECONDARIO DEL SONNO



Solo un ramo secondario del sonno,

selvaggio e bastardo, allevato dalle droghe

si prende cura a volte della mia anima.

Due esseri abusati, al servizio l'uno dell'altro

consolano quel che ancora va consolato

e benevoli nascondono ciò che sanno.

Mettono al mondo sogni dimidiati

cerei e senza volto

ignoranti di pazienza e cura

sciolti già al primo canto del gallo.

E tuttavia sono figli piccoli,

battezzati di corsa, tutti consacrati

a colui che li ha sacrificati entrambi

come due schiavi o cani randagi

mentre il buon nobile sonno

si corica soltanto con anime illustri.

                                   ***

VOGLIO CONDIVIDERE IL PANE CON I PAZZI

Voglio condividere il pane con i pazzi,

ogni giorno un pezzo di questo grande orrore,

anche la campana nel cuore,

là, dove il colombo fà il nido

e trova un minuscolo asilo

nella selva sulle acque.

A lungo ho vissuto come pietra

sul fondo delle cose,

ma ho sentito la campana

sussurrare il tuo segreto nei pesci volanti.

Imparerò a volare e a nuotare

e lascerò tutto ciò che è pietra sotto la pietra,

lascerò la malinconia coricata nella madreperla,

ma solleverò in alto la rabbia e la miseria.

Le mie ali sono più antiche della tua pazienza,

le mie ali sono volate oltre il coraggio

che s'era fatto carico dell'errare.

Voglio condividere il pane con i pazzi

là, nella spaventosa selva del colombo,

dove la capanna divide in tre parti il grande terrore

trasformandolo nel suono tripartito del tuo nome.





                       Christine Lavant    da   Poesie




2 commenti:

  1. Il genio spesso trae ispirazione mentale da una situazione che varca i confini della razionalità, come in Alda Merini.

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  2. Che il confine tra " sanità " e " pazzia" sia labile è un dato di fatto e ce ne accorgiamo dal numero di artisti ( geni ) di varie discipline che oggi non avrebbero superato un'indagine diagnostica psichiatrica.
    C'è persino chi si spinge a dire che - se l'avvento degli psicofarmaci fosse venuto
    anzitempo - avremmo avuto meno psicotici, nevrotici, ipocondriaci, isteriche, depressi e quant'altro in meno. Ma anche meno artisti.
    Meglio allora non farsi la domanda su cosa sarebbe preferibile!

    Grazie per la visita e il commento.

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