Sangue, e le braccia a croce …
LA
CITTA' SPARITA
Forse
è sparita nel cappotto
o
in sandali d'estate
la
strada che teneva stretta
l'infanzia
nel cuscino.
Non
c'è più l'acqua dei navigli dove
c'incontravamo
a notte
in
un presente tutto da smontare.
E'
l'insonnia a riparare il danno?
Resta
la fine intuita nei reni,
- attesa nell'asfalto che pulsa l'andata
e
sempre un ritorno
ci
attende.
Una
traduzione lenta
di
ombre in corpi
mi
restituisce i bordi del mattino
tra
i platani magri.
Un
cielo senza rughe non sa
la
differenza.
UNA
MATTINA DI NEBBIA
Torna
ancora una mattina di nebbia,
ogni
bocca assomiglia
a
un paese dove correvano i bambini.
Nei
cortili qualcuno spera
guarigioni,
il tempo che si riga
tra
i fili della biancheria.
Mia
madre ha ancora
il
suo sorriso di ragazza
spalancato
nell'addio.
Un
tempo ci assomigliavamo
- occhi sgranati nella festa
e
la durezza di Milano.
Oggi
il bianco affoga tutto il male
dentro
ai gradini.
Inseguo
il coraggio della pietra,
il
poco che resta.
Le
labbra sanno intatte
il
perdono.
IN
MEMORIA
Accadeva
un pomeriggio
nello
sbiancare del grigio.
Un
balzo, poi nulla.
Una
schermaglia e l'aria la prendeva
- lei scende.
C'era
quel rosso del vestito
nel
vorticare e il rosso, dopo.
Sangue
e le braccia a croce.
Non
lo dire a tua madre, bisbigli,
non
farle capire quel tonfo:
la
morte è una divagazione
dentro
la logica dell'anno.
Nascondo
la crepa dentro al cassetto
delle
stoviglie e il dolore sa le sillabe
e
il rosso.
L'eversione
è non urtarsi
fare
piano
con
la punta del coltello.
Gabriela
Fantato da Il tempo dovuto
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