sabato 18 aprile 2020

IL TEMPO DI GABRIELA





                                                           Sangue, e le braccia a croce



LA CITTA' SPARITA



Forse è sparita nel cappotto

o in sandali d'estate

la strada che teneva stretta

l'infanzia nel cuscino.

Non c'è più l'acqua dei navigli dove

c'incontravamo a notte

in un presente tutto da smontare.



E' l'insonnia a riparare il danno?



Resta la fine intuita nei reni,

  • attesa nell'asfalto che pulsa l'andata

e sempre un ritorno

ci attende.

Una traduzione lenta

di ombre in corpi

mi restituisce i bordi del mattino

tra i platani magri.



Un cielo senza rughe non sa

la differenza.


                                                                      ***


UNA MATTINA DI NEBBIA



Torna ancora una mattina di nebbia,

ogni bocca assomiglia

a un paese dove correvano i bambini.

Nei cortili qualcuno spera

guarigioni, il tempo che si riga

tra i fili della biancheria.



Mia madre ha ancora

il suo sorriso di ragazza

spalancato nell'addio.

Un tempo ci assomigliavamo

  • occhi sgranati nella festa

e la durezza di Milano.



Oggi il bianco affoga tutto il male

dentro ai gradini.

Inseguo il coraggio della pietra,

il poco che resta.

Le labbra sanno intatte

il perdono.


                                                                     ***


IN MEMORIA



Accadeva un pomeriggio

nello sbiancare del grigio.

Un balzo, poi nulla.

Una schermaglia e l'aria la prendeva

  • lei scende.

C'era quel rosso del vestito

nel vorticare e il rosso, dopo.

Sangue e le braccia a croce.



Non lo dire a tua madre, bisbigli,

non farle capire quel tonfo:

la morte è una divagazione

dentro la logica dell'anno.



Nascondo la crepa dentro al cassetto

delle stoviglie e il dolore sa le sillabe

e il rosso.

L'eversione è non urtarsi

fare piano

con la punta del coltello.






                     Gabriela Fantato da         Il tempo dovuto


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