sabato 29 settembre 2018

RENDERE VISIBILE IL DOLORE 3


(…) Fine della filosofia come discorso che neutralizza il negativo
      ( il male e il dolore del mondo ) in una sorta di paradossale
      armonia prestabilita,ma Inizio del pensiero come testimonianza
      lacerante, come " sguardo dal nulla ", come interpretazione
      ontico- esistentiva che attinge al patrimonio figurale della
      pittura, di quella grande tradizione tragica che - da Grunewald
      a Bacon,da Mantegna a Stael-ha saputo conferire un senso alla
      verità del dolore, allo scandalo della sofferenza, all'attesa dell'
      irrevocabile. La pittura rende visibili gli affetti, le passioni e le
      sensazioni, le forze cioè che agiscono dietro le quinte delle
      nostre elaborazioni concettuali, compito che l'arte sembra
      ereditare dalla crisi della filosofia teoretica, tentandone una
      compensazione figurale , al di là dell'impropria
      contrapposizione di astratto e figurativo.Ancor più della poesia
     - che Leopardi voleva modellata sugli affetti e sulle cose
      sensibili - la pittura è il corpo  dell'idea, la sua figura sensibile
      innervata nella tonalità emotiva e nell'esperienza pratica di chi
      la esprime. Una logica delle sensazioni organizzate - come
      affermava Cézanne, organizzate dalla mente ma espresse da un
      corpo palpitante attraverso i valori tattili della mano, da quelle
      dita che  trattengono e rendono sensibile l'idea, che dotano di
      forma un'imperscrutabile interiorità.
      Non limitandosi a produrre il visibile della percezione ottica, l'
      arte determina un ampliamento d'esperienza, promuove un
      incremento d'essere, perché è capace di trasformare bagliori
      fortuiti in eventi ineluttabili, percezioni indistinte in significati
      strutturali, portando tragicamente alla luce - come ben
      comprese Paul Klee -tutti quei mondi possibili in cui albergano
      i morti e i non nati , che soltanto un angusto principio di realtà
    o la perseveranza di un'estetica naturalistica possono trascurare
      confinandoli nel regno dell'incompiuto. E' dunque nella
      sporgenza dell'essere sul nulla, sull'abisso da cui proviene e a
      cui è destinato, che va reperita l'essenza dell'opera d'arte: tutti
      i grandi quadri della nostra tradizione figurativa sono
      affettivamente tonalizzati dalla peculiare e inalienabile
      cognizione del dolore sedimentata nel vissuto dei loro artefici,
      dall'esperienza umana, troppo umana di soggetti affidati al
      dolore e orientati verso la morte. (…)


Marco Vozza  da  Rendere visibile il dolore ( La pittura oltre la filosofia )

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