martedì 11 settembre 2018

SARA' CHE SEI TORNATO

 
 

                                             Lucertola, ho cavalcato moltiplicazioni di te…


                 
Sarà che sei tornato
con il tuo palato di balena
e io giona infiocinata dentro
e tutta la tua acqua da spostare con le spalle
sarà che così ferma come una lucertola
il mondo è caduto mille volte tagliandomi la coda
l'inguine con cui arpionare il sole
sarà questo tornare di tutte le cose
di tutte le cose che puoi chiamare
e che si voltano
e non si stancano di tornare mai più.
Lucertola
ho cavalcato moltiplicazioni di te
trattenendo la tua venuta.

Anni interi,
tutta la tua venuta.


                                   ***


IL GRIDO CHE SENTIAMO

Il grido che sentiamo all'altra sponda
non era il nostro.
Noi eravamo qui
la parte fissa delle stelle che cadono
come se entrambi sapessimo
di non essere spaventati come pensiamo
che non è paura questo vento se tu
 vivissimo
ti lasci asciugare fino a me
ognuno col suo libro umano
pubblicato dalle cose.

Non c'erano creature ostacolate dall'erba
o dal folto di noi laghi
ma un'acqua che è un vuoto
il buio acustico di agosto
quella parte di Dio da dove arriveremo
ora che stare è essere la posizione dell'altro
sulla schiena, come una parola perfetta
notturna, ben distesa

una parola dedita allo spazio.


                                 ***


ELEMENTI

Sono giorni come questi
risvegli
l'armadio scarno delle poche parole
montate a mano
il guardaroba di sostanze calde per ottobre.
E' - tra le riflessioni confuse
che vengono da troppe soglie di ieri -
un corredo pulito
accettare una finestra
una luce che entra anche così
per verbi semplici.

E' indossare una grammatica più vera
recuperare i gesti necessari alle creature
la confettura e tutto di noi
gli usi propri delle fedeltà

elementi

quelli che ci vedranno dall'eterno
come reperti di un destino, archeologie
le parole, i figli

il nostro sforzo prossimo a salvarci.


                                         ***



QUELLA COSA CHE SPEZZIAMO

Lavorare a un ordine tutto l'accaduto
è prima di tutto correggere il genere di me
la femmina che non comprende assenze
e pensa al bene come a qualcosa da sfamare.
Ma se credo allo stesso modo dei falchi di stasera
tirando con l'ala un silenzio allo stremo
dove anche la lucidità della preghiera
mi viene sinistra, di taglio
vedo che posso solo con la mia natura neutra
sollevare
distendere anche il momento delle labbra
parlarti come devo
in uno spazio più alto, senza  sonno.
Cerco di essere scientifica
come Democrito scandire
ascoltando la materia in atomi
anche quando ci eravamo messi a tavola
ridendo del pasto e mi pesavi
spezzando quella cosa che pensiamo
di me e di te
spezzando quella cosa
che spezziamo.



                Tiziana Cera Rosco    da    Dio il mecedone

2 commenti:

  1. Un linguaggio non semplice, ho apprezzato molto la seconda...

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  2. E' il linguaggio di chi - invece che narrare o descrivere - evoca.
    Ed è un linguaggio che mi piace perché - secondo me - la poesia, più che parlare al cervello, dovrebbe rivolgersi al cuore e a tutto ciò che in noi sa di mistero.
    La poesia, più che compresa, andrebbe goduta.

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