giovedì 18 febbraio 2021

L' UMANA GLORIA DI MARIO BENEDETTI




                                                               Che cos'è la solitudine...



 

Le mani sulla mela, sole con il verde

le dita avvoltolate sulle bucce.


Le cassette donate che Rina portava dal lavoro,

quelle cadute sul prato, mamma, che cosa mangi ?


E il succo nella bocca della tua eternità

dove il mondo è stato unico e minuscolo.


Povera umana gloria,

quali parole abbiamo ancora per noi?



                                                 ***


Non sapevo se le parole fossero le stesse

per tutti, la mia notte

se fosse la stessa nessuno lo diceva.

Valli, ogni volta che venivo,

erba ripetevo, adesso è ancora  questa erba,

e alberi, toccarli, dire alberi.

Viale che non guardo,

rimasto come lo sapevo ma neppure un viale.

E cammino più in là di me

adesso che piangere è pioggia,

e stare soli è più grande.



                                               ***


Come dire che due ragazzi camminano

sulla breve salita

e la notte cammina

in quel breve salire,

e in questo poco tempo noi siamo vivi,

erba, fiume laggiù

che mormori a tutto il vuoto e a me

l'eco del salire dei corpi?



                                          ***


Penso a come dire questa fragilità che è guardarti,

stare insieme a cose come a bottoni o spille,

come le tue dita, i tuoi capelli lunghi marrone.

Ma d'aria siamo quasi, in tutte le stanze

dove ci fermiamo davanti a noi un momento

con la paura che ci ha assottigliati in un sorriso,

dopo la paura in ogni mano, o braccia, passo,

che ogni mano, braccia o passo, non ci siano.



                                                       ***


E' stato un grande sogno vivere

e vero sempre, doloroso e di gioia.

Sono venuti per il nostro riso,

per il pianto contro il tavolo e contro il lavoro nel campo.

Sono venuti per guardarci: ecco la meraviglia :

quello è un uomo, quelli sono tutti degli uomini.

Era l'ago per le sporte di paglia l'occhio limpido,

il ginocchio che premeva sull'erba

nella stampa con il bambino disegnato chiaro in un bel giorno,

il babbo morto, liscio e chiaro

come una piastrella pulita, come la mela nella guantiera.

Era arrivato un povero dalle sponde dei boschi e dietro il cielo

con le storie dei poveri che venivano sulle panche,

e io lo guardavo come potrebbero essere questi palazzi

con addosso i muri strappati delle case che non ci sono.



                                          ***


Che cos'è la solitudine.

Ho portato con me delle vecchie cose per guardare gli alberi :

un inverno, poche foglie sui rami, una panchina vuota.

Ho freddo ma come se non fossi io.

Ho portato un libro, mi dico di essermi pensato in un libro

come un uomo con un libro, ingenuamente.

Pareva un giorno lontano oggi, pensoso.

Mi pareva che tutti avessero visto il parco nei quadri,

il Natale nei racconti,

le stampe su questo parco come un suo spessore.

Che cos'è la solitudine.

La donna ha disteso la coperta sul pavimento per non sporcare,

si è distesa prendendo le forbici per colpirsi nel petto,

un martello perché non ne aveva la forza, un'oscenità grande.

L'ho letto su un foglio di giornale.

Scusatemi tutti.



                          Mario Benedetti  da     Umana  gloria



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