SOLI ( Genesi 2,3 )
(...) Tra le tante sfumature che il senso di colpa riesce ad assumere dentro di noi, ne esiste una profonda e radicale. Si tratta di quel fastidio che avvertiamo quando, ancora prima di aver compiuto qualcosa di male o aver cercato di fare tutto il bene possibile, ci sentiamo incapaci di uscire da noi stessi per costruire una relazione autentica con l'altro. Non è tanto la sofferenza per aver sbagliato qualcosa, quanto il dolore intimo e lacerante di non sentirci mai all'altezza di quello che ci si aspetta da noi. Le prime pagine della Scrittura, gettando uno sguardo penetrante nel cuore dell'esistenza uscita dalle mani di Dio, documentano questa ferita antropologica di cui tutti facciamo esperienza. Raccontano come all'uomo - di ogni tempo e di ogni luogo - accada di sentirsi prigioniero di un'invincibile solitudine dalla quale sembra impossibile uscire, se non al prezzo di rimanere segnati dalla paura e coperti dalla vergogna. E Dio rimarrà spettatore di un'opera così bella - la nostra vita - che purtroppo si guasta non appena esce dalle sue mani? (...)
Roberto Pasolini da Non siamo stati noi
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