Tito Fornasiero - In riva al lago
LA BUFERA
La bufera che sgronda sulle foglie dure
della magnolia lungo i tuoni marzolini
e la grandine,
( i suoni di cristallo nel tuo nido
notturno ti sorprendono, dell'oro che s'è
spento sui mogani, sul taglio dei libri
rilegati, brucia ancora
una grana di zucchero nel guscio delle
tue palpebre )
il lampo che candisce
alberi e muri e li sorprende in quella
eternità d'istante - marmo manna
e distruzione - ch'entro te scolpita porti
per tua condanna e che ti lega più che
l'amore, a me, strana sorella - e poi lo
schianto rude, i sistri, il fremere dei
tamburelli sulla fossa fuia,
lo scalpicciare del fandango, e sopra
qualche gesto che annaspa...
Come quando ti
rivolgesti con la mano, sgombra la
fronte dalla nube dei capelli,
mi salutasti - per entrar nel buio.
***
LUNGOMARE
Il soffio cresce, il buio è rotto a squarci,
e l'ombra che tu mandi sulla fragile
palizzata s'arriccia. Troppo tardi
se vuoi esser te stessa! Dalla palma
tonfa il sordo, il baleno è sulla miccia,
sui lunghissimi cigli del tuo sguardo.
***
SERENATA INDIANA
E' pur nostro il disfarsi delle sere.
E per noi è la stria che dal mare
sale al parco e ferisce gli aloè.
Puoi condurmi per mano, se tu fingi
di crederti con me, se ho la follia
di seguirti lontano, e ciò che stringi,
ciò che dici m'appare in tuo potere.
Fosse tua vita quella che mi tiene sulle
soglie, e potrei prestarti un volto,
vaneggiarti figura. Ma non è,
non è così. Il polipo che insinua tentacoli
d'inchiostro tra gli scogli
può servirsi di te. Tu gli appartieni
e non lo sai. Sei lui, ti credi te.
***
PERSONAE SEPARATAE
Come la scaglia d'oro che si spicca
dal fondo oscuro e liquefatta cola
nel corridoio dei carrubi ormai ischeletriti,
così pure noi
persone separate per lo sguardo
d'un altro? E' poca cosa la parola,
poca cosa lo spazio in questi crudi
noviluni annebbiati: ciò che manca
e che ci torce il cuore e qui m'attarda
tra gli alberi, ad attenderti, è un perduto
senso, o il fuoco, se vuoi, che a terra stampi,
figure parallele, ombre concordi,
aste di un sol quadrante i nuovi tronchi
delle radure e colmi anche le cave
ceppaie, nido alle formiche. Troppo
straziato è il bosco umano, troppo sorda
quella voce perenne, troppo ansioso
lo squarcio che si sbiocca sui nevati
gioghi di Lunigiana. La tua forma passò
di qui, si riposò sul riano
tra le nasse atterrate, poi si sciolse come
un sospiro, intorno - e ivi non era
l'orror che fiotta, in te la luce ancora
trovava luce, oggi non più che al giorno
primo già annotta.
***
IL TUO VOLO
Se appari al fuoco ( pendono
sul tuo ciuffo e ti stellano
gli amuleti )
due luci ti contendono
al borro ch'entra sotto
la volta degli spini.
La veste è in brani, i frùtici
calpesti rifavillano
e la gonfia peschiera dei girini
umani s'apre ai solchi della notte.
Oh, non turbar l'immondo
vivagno, lascia intorno
le cataste brucianti, il fumo forte
sui superstiti!
Se rompi il fuoco ( biondo
cinerei i capelli
sulla ruga che tenera
ha abbandonato il cielo )
come potrà la mano delle sete
e delle gemme ritrovar tra i morti
il suo fedele?
***
DA UN LAGO SVIZZERO
Mia volpe, un giorno fui anch'io il " poeta
assassinato": là nel noccioleto
raso, dove fu grotta, da un falò;
in quella tana un tondo di zecchino accendeva
il tuo viso, poi calava
lento per la sua via fino a toccare
un nimbo, ove stemprarsi; ed io ansioso
invocavo la fine su quel fondo
segno della tua vita aperta, amara,
atrocemente fragile e pur forte.
Sei tu che brilli al buio? Entro quel solco
pulsante, in una pista arroventata,
àlacre sulla traccia del tuo live
zampetto di predace ( un'orma quasi
invisibile, a stella ) io, straniero,
ancora piombo; e a volo alzata un'anitra
nera, dal fondolago, fino al nuovo
incendio mi fa strada, per bruciarsi.
***
ANNIVERSARIO
Dal tempo della tua nascita
sono in ginocchio, mia volpe.
E' da quel giorno che sento
vinto il male, espiate le mie colpe.
Arse a lungo una vampa; sul tuo tetto,
sul mio, vidi l'orrore traboccare.
Giovane stelo tu crescevi; e io al rezzo
delle tregue spiavo il tuo piumare.
Resto in ginocchio: il dono che sognavo
non per me, ma per tutti
appartiene a me solo, Dio diviso
dagli uomini, dal sangue raggrumato
sui rami alti, sui frutti.
Eugenio Montale da La bufera e altro ( 1940 - 1957 )
Nessun commento:
Posta un commento