domenica 23 febbraio 2020
IL LAMENTO DEI MORTI ( Presentazione )
Abbiamo ucciso i morti, e adesso ci aggiriamo in una vita che è poco più di un pregiudizio, lontani dalla pienezza dell'esistenza. Ecco il sintomo collettivo, la malattia di cui soffre la nostra cultura, e che le psicoterapie tentano invano di sanare. Lo intuì un secolo fa C.G. Jung, quando iniziò la discesa nei propri abissi inferi che avrebbe speso anni a trascrivere, calligrafare e corredare di immagini sfolgoranti, consegnando poi il testo ad un silenzio infranto solo nel 2009, con un'edizione che lasciò stupefatti : il Libro rosso, favoleggiato da tempo nelle cerchie junghiane vedeva finalmente la luce, e la sua unicità - ancora da decifrare - scuoteva non solo l'edificio della psicologia, ma ogni altra costruzione concettuale sul territorio della psiche.
"Lì nulla potrà mai più essere come prima ", è la convinzione comune di James Hillman , il discepolo " eretico " certamente più noto, e di Sonu Shamdasani, che curò con grande impegno e acume l'edizione del libro.
Nel clima sintonico creato dalla loro spigliata libertà intellettuale, i due conversano a caldo sul significato di un'impresa per cui vanno cercate le parole adatte al di fuori dei linguaggi specialistici, in direzione metaforica, poetica e drammatica. Attraverso il dialogo di Hillman e Shamdasani si precisa così l'entità dello scuotimento : la gerarchia dei vivi e dei morti ne esce capovolta perchè - nel profondo di sé - Jung non rinviene i traumi personali che l'abbaglio introspettivo è solito portare a galla : vi incontra invece le figure ancestrali della storia umana, i morti che lamentano di restare inascoltati. Soltanto se presteremo loro orecchio e li riaccoglieremo tra noi, sapremo curare la nostra sofferenza di vivi, senza sacrificare un passato inconciliato ad un futuro esangue.
E' questo allora il vero " lascito " di Jung : un moderno Libro dei Morti che non contiene istruzioni per l'aldilà, bensì un viatico terreno per restituire a ciascuno l' " anima vivente ".
( f. )
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