Canzone ungherese per un suicida
NON MI RICORDO PIU'
Non mi ricordo più quant'era bionda,
ma quando l'estate arriva
di spighe dorata ricca,
la sento di nuovo, la sua biondezza.
Non mi ricordo più
i suoi occhi quant'erano blu,
ma in settembre, nell'azzurro dei cieli,
mi pare di vederli.
Non mi ricordo più la sua voce di seta,
ma in primavera, quando il prato respira,
da una pasqua come il cielo lontana,
mi sembra di sentirla.
***
E' AMORE ?
Non so che cosa sia, ma è tanto bello,
trasognare sulle tue parole
come sulle nuvole accese dal tramonto:
si intravede il barlume delle stelle.
Non so che cosa sia ma è dolce,
il tuo sguardo quando mi cerca,
come il raggio di sole che brilla
nonostante sia vicina la sera.
Non so che cosa sia, ma sento che
la vita è diventata di nuovo più bella,
le tue parole che mi accarezzano il cuore
come la seta, come il vento di primavera.
Non so che cosa sia ma è tanto bello,
un dolore dolce, che non mi dispiace,
e se è stupido, se è sbagliato, che sia;
se è amore , scusami tanto.
***
DOPO ANNA
Questo sarà un autunno triste.
Dove sei, Anna? Com'era il tuo bacio?
Ore tristi: il mio tempo è questo;
rose assopite: sarà un autunno triste.
Dò un bacio alla tua anima:
dove sei, Anna? Com'era il tuo pianto?
Pianto remoto, da te già scordato,
ma per esso bacio la tua anima.
Io desidererei vederti.
Dove sei, Anna? Quale via guida a te?
Devo ritornare? Oh, che spaventi!
Ricordi stupendi: mi uccidereste...
***
FORESTA
Balenano occhi di belve, fuochi di briganti.
Mi sono ingrandito accanto a te, come una foresta.
Se tu dessi una radura alle mie fiere,
mansuetudine ai rapaci che ho in me!
Tagliati una strada attraverso me, se hai un dio.
O cercalo qui.
***
NEBBIA AUTUNNALE
Vedi come fuma già la nostra vecchia Mecsek.
La corrente della nebbia autunnale si getta
ai suoi piedi in schiume dense.
Scuote un vento beffardo i rami striduli
degli alberi, le ultime frutta,
incorona di antichi dolori le nostre giovani teste.
Scende su noi, adagio, l'inverno, Anna... e
una tristezza secolare.
Vola, freddo messaggio, dalle valli del Kapos
mute ormai.
Ascolta: solo la pavoncella pigola,
raduna i suoi figli per il viaggio.
Una settimana ancora e sarà brullo il paesaggio,
e di nuovo cadrà sudicia pioggia spazzerà via
il tappeto di porpora dalle strade addobbate come chiese...
gli zoccoli delle bestie sguazzeranno nel fango cinereo,
gorgogliando singhiozzerà l'acqua giù per la gronda...
Ma non versiamo lacrime! Si dissolve questa bufera
per i suoi veleni e un silenzio fecondo calerà
come neve sui sogni della semente. Attizza il fuoco,
tessi le tue braccia scure attorno al mio collo
e canta il concerto ininterrotto degli uccelli; canta
gli agnelli ricciuti e ruzzanti - un paesaggio che resista
e da cui il bruno mietitore porti via la spiga come un figlio.
Illyés Gyula da Tutte le poesie