martedì 17 settembre 2019

SETTEMBRE DI FRANCESCO

 
 


                                                E io che non so ancora quale nome darti…


L' autunno mi piove addosso
come un rivolo d'inchiostro
si posa come un dubbio
sul davanzale ad aspettare
la fioritura del corpo.


                                        ***

Spesso le parole non escono
si scuoiano nel recinto disossato dell'esofago,
si fanno sante, abdicano la volontà.

La radice dell'idioma s'accarna
nelle pareti surgelate della gola
cerca il significato proprio.

Spesso le parole fanno tana
restano caste a seccare la bocca
non vogliono mischiarsi.


                                         ***

Settembre ha il fiato dell'addio
la valigia sul tetto aspetta
le cicale svuotano l'ultima lena
restano i gusci sui tronchi la sera.
La terra s'è spremuta, ha le scarpe strette
vuol essere lasciata in pace.
Io mi chiedo che ci faccio ancora qui,
ma lei langue, vuole il mio sangue
si aggrappa alle gambe
come il sole passato
cade a picco su di me.


                                       ***

Questo tramonto così orizzontale
segna la notte che non vede più
il sogno. Ed è sempre una conferma
come le tue mani che ritornano
a sficcarmi i chiodi dalla pelle
a dirmi che questa aritmia cerebrale
è un imbuto muto che non ha
buco, come il buio che si rade
e non esce di casa
per scambiare col giorno.


                                         ***

Mi piaceva il suo nome
di sicuro, me l'avrebbe donato.
Ma i nomi si appellano al nome
fissano le persone in scatole di ferro
che riponi nel portafoglio.
E io che non so ancora quale nome darti,
in quale tasca stare.



                         Francesco  Cagnetta   da    Convocazioni corporali

2 commenti:

  1. la faccenda del nome che "fissano le persone" è interessante, secondo me. se ti spogli del tuo nome e del tuo cognome, diventa più complesso rispondere alla domanda "tu chi sei"

    RispondiElimina
  2. O forse sarebbe più facile perché - non più fissati in scatole di ferro - potremmo inventarci ogni volta ( quante volte nella vita? in che occasioni? ).
    Certo che la questione del nome ( specialmente quello proprio ) solo apparentemente è oziosa : io credo che ognuno dovrebbe sentirsi a proprio agio nel nome che porta. Se così fosse ( e diventasse una norma condivisa ), non sarebbe illogico che ( alla maggiore età? o prima - ma quando? ) ognuno si scegliesse il nome che " sente" appartenergli di più.
    Io - ad esempio - uso un nome che solo assomiglia a quello scritto all' anagrafe ( non è un capriccio - e la storia sarebbe lunga da raccontare .In sostanza, in età adulta mi " sono riappropriata " del nome che avrei dovuto avere - e che adesso ho ).
    Sentendomi bene.

    RispondiElimina