sabato 7 settembre 2019

LA LEGGENDA NERA DI J. LACAN 1

 
 


" Ecco il grande errore di sempre: immaginare che gli esseri pensino ciò che dicono" ( J. Lacan )


(…) Fin dal 1972, quando più che settantenne la sua notorietà era
      ancora recente,si aspettava che la sua morte avrebbe scatenato
       una " vera pioggia di lordure ", già da tempo annunciata dalla
       possibilità stessa, ossia dall'imminenza di una sparizione che
       secondo alcuni non poteva tardare.
       Ma non ci fu alcun bisogno di attendere il suo decesso. E'
       bastato che invecchiasse e che il suo successo crescesse perché
       la calunnia lievitasse e si espandesse. Il suo passaggio non ha
       risparmiato niente: né il suo insegnamento, né la sua pratica,
       né la sua persona.
       Il suo insegnamento - deriso - viene definito un'impostura, una
       frode e un'enorme bugia deviante rispetto alla serietà della
       Sorbona, così come un'intellettualità inutilizzabile che non
       attira se non creduloni e snob, o ancora una congiura di
       ampiezza e perfidia ineguagliabili.  All'insegnamento si
       rimproverano discorsi incoerenti e scuciti, elitismo pretenzioso
       e sterile o addirittura di diffondere una psicoanalisi
       spiritualistica, asettica, sorbonesca e  mortalmente noiosa e
       persino di voler strozzare il mondo perché - sappiatelo -
      " si respira male con dei nodi borromei alla gola… " .  (…)



          Nathalie Jaudel     da      La leggenda nera di jacques Lacan


 

2 commenti:

  1. ne so molto poco, quindi avere un'idea precisa è proibitivo. ma la sua immagine a cospetto della comunità scientifica - al di là della personalità istrionica che sembra comparire preponderante in Lacan - vale quasi zero. einstein ha subito i medesimi ostracismi all'inizio e alla fine della sua carriera. all'inizio perché un giovanotto tanto indisciplinato non aveva il diritto (?) di ribaltare la scienza dandole una verve di non vissuto e di mai concepito fino a quel momento. alla fine a causa della sua convinzione (figlia della teoria della relatività) che dio non giochi a dadi, pensiero assai conservatore che si scontrava contro quello di bohr, schrödinger, born e molti altri ancora, convinti che l'osservatore avesse un peso specifico nelle manifestazioni (teoriche) della meccanica dei quanti.

    il genio, comunque lo si veda, è sempre un difetto del carattere. in epoca moderna, però, il genio da solo non basta. ci vuole il coraggio di farlo trapelare

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  2. Credo che sia eticamente corretto ( oltre che conveniente dal punto di vista di una visione non pregiudiziale ) separare la dottrina dai fatti ( altrimenti a questo mondo, nessuno ne uscirebbe assolto). La dottrina evangelica ci rammenta inoltre che l'uomo è un vaso di coccio - e quindi fragile e fallace ).
    Detto questo, c'è anche chi è riuscito attraverso la propria vita a mettere in pratica la propria dottrina, e in questo caso ci troviamo di fronte a persone
    che possono davvero essere di esempio e che magnificano l'appartenenza al genere umano.
    Il genio - infine - non solo ( come dici ) " è un difetto del carattere", ma porta in sé riflessa un'impronta divina ( non in senso prettamente religioso, ma come costatazione che è ad un livello che supera le normali capacità umane ).
    Di geni ne nascono pochi, e si riconoscono anche sulla lunga distanza: fra i più noti mi viene in mente Leonardo, Mozart e altri.
    Tornando al " nostro", avendo letto in molto libri il suo pensiero e frequentato psicoanalisti suoi allievi, non ritrovo proprio ( al di là delle vicende di vita poco ortodosse e oggetto di frequenti e pesanti critiche ) le caratteristiche di cui si è parlato.
    Grazie per questo prezioso intervento.

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