lunedì 30 settembre 2019

POESIA EROTICA AL FEMMINILE

 
 
 

                                                                     Foto di  Marc Lagrange


OMAGGIO AI MIEI FIANCHI

Questi fianchi sono fianchi larghi
hanno bisogno di spazio
in cui girarsi.
Non ci stanno in piccoli
spazi meschini, questi fianchi
sono fianchi liberi.
Non vogliono essere trattenuti.
Questi fianchi non saranno mai
schiavi,
vanno dove vogliono andare
fanno ciò che vogliono fare.
Questi fianchi sono fianchi possenti.
Questi fianchi sono fianchi magici.
Ho saputo che sono capaci
di fare un incantesimo ad un uomo
e farlo girare come una trottola.


                          Lucille  Clifton


                                      ***

STILE

Con tacchi alti che mi collocano il culo
ad altezza cazzo come una gatta
in calore che allunga le zampe
per soddisfare chiunque venga
e capelli ricci per farti venire in mente
cosa puoi trovare
giù in basso mi umetto le labbra
in predisposizione labiale
ombreggio gli occhi per quel sottomesso
sguardo orgasmico
e dico
mi vesto
per apparire
presentabile.


                       Karen  Alkalay - Gut


                                       ***

DETTO FRA NOI

Non credere

che non lo sappia
che quando mi parli
la mano della tua mente
senza farsene accorgere
mi sfila le calze,
e si muove cieca e intraprendente
lungo la mia coscia.

Non credere
che non lo sappia
che lo sai
che tutto ciò che dico
è indumento.


                           Anne Stevenson


                                 ***

I GATTI COME GLI ANGELI

I gatti come gli angeli dovrebbero essere magri,
i maiali e i cherubini dovrebbero essere grassi.
La gente sta di solito nel mezzo, un nodo
d'osso che sporge dal ginocchio che vorresti
imbottire, un rotolo di ciccia che s'affaccia
alla cintura. Ti autopunisci,
una di quelle palle di gomma che hanno i bambini
che rimbalzano sempre sulla
paletta, ripicchiando sulla stessa superficie.
Vorresti essere snella e liscia
come una saetta. Quando ero giovane
amavo uomini spinosi con ghigni ascetici
tutti gomiti e parole e cartilagini
costoluti come chiglie grigio - nebbia sulla riva,
facce taglienti che accecano
come lame lucenti, menti
rivolte al saccheggio come prore egee.

Ora cerco uomini le cui pance serene
mostrano piacere per la carne e per la tavola,
uomini che vengono in cucina
e si siedono, che non pensano che pelando patate
gli diventi piccolo; uomini con dita
larghe e palle violette come fichi,
uomini con rughe sgualcite e l'aspetto
stropicciato adatto al letti recentemente
usati bene.
Non ci è richiesto
di sembrare dei quattordicenni malnutriti
malgrado quello che impone
la moda. Tu sei fatto per tirare un carretto,
per sollevare un carico pesante e reggerlo,
e trascinarlo lungo la salita, e sono così
anch'io, corpi contadini, rustici, solidi
belle pentole d'argilla scura che sopportano
bene il fuoco. Quando mettiamo le pance
insieme non facciamo rumori metallici
rimbalziamo sulla tappezzeria buona.


                          Marge  Piercy


                                   ***

CONFORMAZIONI

Lui le assegna tutte le conformazioni
dell' Europa.

Lei gli offre un'esplosione di pappagalli.

Lui le regala lisci capelli biondi
e una bianca frenesia.

Lei gli dà lana nera, l'oscurità dei suoi frutti gemelli.

Lui le dona uranio, platino, alluminio
e concordia.

Lei le sue natiche " Bantu".

Lui celebra la spina dorsale sotto la pelle di lei.

Lei canta il suo alabastro e glielo accarezza.
Lui fa come Colombo

che cade sulle rive intricate del suo frutteto riccio.

Lei gli consegna di nuovo le Indie tutte,
ma questa volta chiude le lunghe gambe
piano piano
facendo la testa di lui il trono d'oro del suo impero.


                          Grace  Nichols



                    
                                 Tarantella napoletana (  Athanasius Kircher )


sabato 28 settembre 2019

AAA VENDESI UOMO

 
 
 

                                      Vendo cervello in buono stato apparente…


Vendesi uomo
senza rima e senza uscita
del resto completo
e opportunamente disassemblato
sì segni di usura
no malfunzionamenti
causa cambio fede
e riduzione spazio
in relativo disimpegno
con realizzo di vuoto.


                                            ***

Vendo cervello
in buono stato apparente
uso pensieri buoni e cattivi
completo di subconscio e super io
controllo movimenti e linguaggio
gestione riflessi e semicoscienze
andato qualche volta in sovraccarico
poi opportunamente svuotato
e ricondizionato per nuovo utilizzo
confezione in scatola cranica.


                                        ***

Vendo capelli
tonalità iniziale nero
sviluppo in variazioni castano
e cadenza finale bianco
salvo perdita componenti
in spazi tra righe in mezzo
per debolezza d'attacco
in contrasto con le cose fisse
come i motivi classici
e le vecchie paure.


                                  ***

Vendo orecchie
per ascolti musicali
di fatti personali o socio sanitari
storie mitologiche e leggende
di via di verità e di vita
professioni libere di fedi
recitazioni di credo e rosari
giuramenti eterni illuminazioni estatiche
e buone e cattive novelle
in cui chi vuole intendere intende.


                                  ***

Vendo pene
utilizzo svago e riproduzioni
con svariate memorie di forme
di corpi da donne da letto
e buchi di angoli di strada
dopo imbarazzi da polluzioni notturne
sbalordimento di primi orgasmi
e il piccolo glande a capolino
accolto con risate di sorpresa
di iniziali manipolazioni materne.


                            ***

Vendo famiglia
per gioco combinato cuore intelletto
costruzione comune senso della vita
celebrazioni sparse di vittorie
e ripresa da schiaccianti sconfitte
allego campionario scontri diretti
su base di genere e generazionale
da giocare in casa e fuori casa
a modulo misto uomo bambino
supremazia non richiesta.


                                  ***

Vendo amici
di valore relativo
e resistenze misurabili
su lunghi tempi di latenza
buoni per serate fuori
e fronteggiamento mali passeggeri
sì  cortocircuito negativo positivo
no protezione isolamenti estremi
raccomandato trattamento con i guanti
più archiviazione sulle dita di una mano.


                                   ***

Vendo futuro
con  vedute di belle speranze
e locali devastate sovraimpressioni
stato d'uso parzialmente esaurito
funzione automatica riflessi del passato
e cambio sequenziale inquadratura
sì modalità visioni apocalittiche
no compensazione soggetti in allontanamento
più regolazione angolatura prospettica
con focale fissa sottoterra.


                                 ***

Non vendo
anima smarrita.




                       Mario Campanino  da    Vendesi uomo


SYLVIA E TED

 
 

                                          I loro gemiti profondi strisciavano sul pavimento…


ODE PER TED


Dove preme lo stivale del mio uomo
spuntano verdi germogli di avena:
egli dà nome a una pavoncella, mette in rotta i conigli
correndo agile all'irta
siepe di rovo; di soppiatto
stana la volpe rossa, l'astuto ermellino.

Le talpe - dice - montagnole d'argilla,
sgusciano fuori dalle scavate dimore dei lombrichi;
vello turchino hanno le talpe; con un colpo di selce
spacca un quarzo nocchiuto;
maturano i colori scorticati
ricchi, bruni, a sorpresa sotto il sole.

A una sua sola occhiata, la stenta terra dona messi:
ogni campo solcato dal suo dito
spinge fuori stelo, foglia, fruttiferi smeraldi;
il chicco lucente che germoglia di rado
egli lo trae innanzi tempo al suo volere;
all'imperioso cenno della sua mano nidificano gli uccelli.

I colombacci posano volentieri nella sua foresta,
intrecciano canzoni intonate al suo umore
quando passa; come potrebbe non essere felice
oltremisura la donna di codesto adamo
quando la terra tutta convocata dalle sue parole
sorge a lordare il sangue di un tal uomo?


                                   Sylvia  Plath


                                             ***          

CANZONE D' AMORE

Lui la amava e lei lo amava
i suoi baci le suggevan via l'intero passato e futuro o così tentavano
lui non aveva altro appetito
lei lo mordeva lei lo morsicava lei suggeva
lo voleva completamente dentro di sé
sano e salvo per sempre e poi sempre
le loro piccole urla svolazzavano nelle tende;

gli occhi di lei volevano che nulla si perdesse
gli sguardi di lei gli inchiodavano polsi mani gomiti
lui la avvinghiava stretta così che la vita
non la trascinasse via da quel momento
lui voleva che tutto il futuro cessasse
lui voleva con le sue braccia buttarsi intorno a lei

dall'orlo di quel momento e nel nulla
o durevole o quel che ci fosse
l'abbraccio di lei era un torchio immenso
a stamparselo nelle sue ossa
i sorrisi di lui erano soffitti di un palazzo incantato
ove non vi giungerebbe mai il mondo reale
i sorrisi di lei erano morsi di ragno
così lui giacerebbe immoto fino a che lei non si sentisse affamata
le parole di lui erano esercizi d'occupazione
le risate di lei erano tentativi d'assassinio
gli sguardi di lui erano proiettili pugnali di vendetta
le occhiate di lei erano spettri nell'angolo con orribili segreti
i sussurri di lui erano fruste e stivali
i baci di lei erano avvocati che non smettevano di scrivere
le carezze di lui erano gli ultimi appigli di un naufragio
i trucchi d'amore di lei erano frantumazioni di legami
e i loro gemiti profondi strisciavano sul pavimento
un animale trascinante una grossa trappola
le promesse di lui erano il bavaglio del chirurgo
le promesse di lei scoperchiavano il teschio
lei se ne farebbe fare una spilla
i giuramenti di lei gli mettevano gli occhi in formalina
sul fondo del suo cassetto segreto
le loro urla si appiccicavano alla parete

le loro teste si staccavano nel sonno come le due metà
d'un melone spaccato, ma è duro da smettere l'amore

nel loro sonno intrecciato si scambiavano braccia e gambe
nei loro sogni i loro cervelli prendevano l'un l'altro a ostaggio

il mattino portavano l'uno il viso dell'altra.


                              Ted  Hughes


venerdì 27 settembre 2019

CON IN BOCCA IL SAPORE DEL MONDO ( Presentazione )



L'ultima spiaggia di via Veneto e un uomo con il cappotto in ogni stagione ( Vincenzo Cardarelli ). Un concerto di passerotti sul davanzale e un baritono mancato ( Eugenio Montale ). Lo scalo di un treno alla foce di un fiume e un accordatore di parole ( Salvatore Quasimodo ). Il salotto borghese di una casa in collina e un collezionista di farfalle ( Guido Gozzano ). Il baraccone di un tiro a segno e l'uomo dei boschi ( Dino Campana ). Il retrobottega di una libreria antiquaria e un figlio del vento ( Umberto  Saba ). Una raccolta di francobolli e un funambolo solitario e malinconico ( Aldo Palazzeschi ). Un concerto di Bossa Nova e un bambino di ottant'anni che aveva la voce di Omero ( Giuseppe Ungaretti ). L'invettiva contro la luna e una donna che pagava i caffè con dei versi ( Alda Merini ).
L' autore, Fabio Stassi, rende omaggio al Novecento e alla grande dimenticata del panorama letterario nazionale - la poesia - con una coraggiosa avventura mimetica e fantastica. Rimpatria nel mondo di questi dieci autori, li fotografa in un gesto, li fa parlare in prima persona, dopo la morte e oltre la morte, ossia da quel punto sospeso dello spazio e del tempo in cui sopravvive la voce di ogni poeta. Ne viene fuori un racconto in presa diretta della loro vita, dei loro pensieri sulla scrittura, delle idiosincrasie, ossessioni, desideri, dolori, allegrie.
Dieci monologhi appassionati e coinvolgenti in un'unica dichiarazione d'amore.



                                        ( f. )

CON IN BOCCA IL SAPORE DEL MONDO ( Prefazione)



(…) La vita dei poeti somiglia a quella delle farfalle: hanno gli
       stessi traffici con l'effimero, la solitudine e la bellezza. Ho
       sempre pensato a questo libro come a un piccolo manuale di
       entomologia o di zoologia fantastica. Un catalogo tascabile
       dove analizzare dieci vite esemplari nell'arco del secolo scorso
       di quella strana specie che, nella tassonomia degli esseri
       viventi, possiamo definire poeti. Volevo studiare il genere a cui
       appartengono, il ciclo vitale, il loro contrabbando con la
       responsabilità e la speranza. Confesso di essermi messo al
       lavoro con l'entusiasmo e l'incoscienza di un adolescente che
       scopre la poesia per la prima volta. Ho interrogato i loro versi
       come delle autobiografie esplicite o in codice, riuniti gli
       epistolari, gli articoli, le opere in prosa, i saggi critici, le
      interviste,messo insieme le foto, gli indirizzi delle case,le tracce
      dei loro amori. Per un anno ho vissuto dentro a questo
      sconfinato archivio: è stata la mia terapia per tante cose. Alla
      fine ho mischiato tutti i documenti e gli appunti che avevo
      raccolto e ho provato a riprodurne la musicalità in laboratorio,
      cercando di dimenticare e di cancellare le fonti,perché restasse
      appena un'intonazione, un angolo di scatto. In assenza di prove
      ho inventato,alterato, preso in prestito, a tal punto che non
      saprei più dire dove si è confusa la mia voce con la loro.
     Ma solo per tentare di restituire un battito d'ali,la testimonianza
     di un'avventura umana, un'intimità.
     Per quello che conta, questi dieci testi vanno considerati come
     un'opera di finzione non meno spericolata dei romanzi che ho
     scritto. Contengono tutti la mia riconoscenza per chi ci ha
     insegnato il mestiere, la sua fragilità e il suo splendore, questo
     prenderci cura delle parole, nella convinzione assurda che una
     singola sillaba possa spostare l'asse terrestre.  (…)


     Prefazione di  Fabio Stassi  da     Con in bocca il sapore del  mondo

CON IN BOCCA IL SAPORE DEL MONDO 1

 
 

" Gli uomini d'intelletto, educato al culto della Bellezza, conservano sempre - anche nelle peggiori depravazioni - una specie di ordine " . ( G. D' Annunzio )



IL MERCOLEDI' DELLE MIE CENERI  ( G. D' Annunzio )

(…) Me ne sono andato come un attore sulla scena. La sera di
       Carnevale, pochi minuti fa, all'ora del crepuscolo.Dalle labbra
       non mi è uscito nemmeno un sospiro. Avevo sfiorato la morte
       così tante volte, che quasi pensavo non arrivasse più. Ma l'ho
       sempre detto che sui tavoli piccoli si lavora meglio, e anche
       morire è un lavoro che richiede fatica, e stile.
    Avrei potuto lasciare tutti a bocca aperta con un'ultima impresa,
    beffare il mondo un'altra volta come avevo beffato la marina
    inglese a Buccari o l'esercito austriaco quando volai su Vienna.
    Sparire su una mongolfiera o un dirigibile sopra il Polo Nord,in
    un viaggio senza ritorno, tra i ghiacciai puri e incorrotti con il
    cuore ibernato in una montagna di cristallo.Ma in fondo è giusto
    così: nessun rimpianto. Per uno come me non ci poteva essere
    luogo migliore che questa scrivania, il vero teatro di tutte le mie
    avventure.
    Ho reclinato la testa, toccato un'ultima volta con la punta delle
    dita questo legno così familiare, masticato un verso che nessuno
    potrà più sentire.
    La morte ha il sapore di una poesia incompiuta.
    Presto si alzerà il lamento delle donne e riempirà la casa. Mi
    porteranno a letto, mi distenderanno.Poi cercheranno di mettersi
    in contatto con Roma. E Mussolini, dall'altro capo del telefono,
    dirà : " Finalmente".
    Subito dopo comincerà la girandola delle ipotesi: è stato un
    cocktail di droghe; lo hanno avvelenato i tedeschi, perché quel
    pagliaccio con i baffetti alla Charlot non gli era mai piaciuto:
    si è tolto la vita. Ma saranno soltanto voci, che non smetteranno
   di correre. Anche se gli arsenici li avevo a portata di mano, sul
   mobiletto vicino alla biblioteca. E la data, sì, la data… non avrei
   potuto trovarne una più adatta.
   L'ultimo giorno di festa. L' ultima sera in cui indossare una
   maschera. Le luci di un interminabile veglione che si spengono.
   E quest'aria da epilogo, che si respira ormai in tutto il
   continente e che è giunta fin qua, fino alla mia villa isolata come
   un monastero.
   Domani sarà il mercoledì delle mie ceneri. Nessuno chiederà l'
   autopsia di questo corpo stanco.Mi faranno sparire rapidamente.
   Sono diventato un ingombro già da molto tempo. Il regime mi
   considerava un cadavere ambulante, un uomo sopravvissuto a
   se stesso, un comandante senza truppe, un maestro senza
   discepoli. Anche l'anno - in fondo - è perfetto. Il 1938. Con me
   cala il sipario sull'ultimo carnevale della lunga epoca che ho
   vissuto: l'intero teatro dell' Europa sta per andare a fuoco, la
   rovina è già alle porte.


                          Non piangere più. Torna il diletto figlio
                          a la tua casa. E' stanco di mentire.
                          Vieni, usciamo: tempo è di rifiorire.
                          Troppo sei bianca: il volto è quasi un giglio. 


                Fabio Stassi   da    Con in bocca il sapore del mondo

CON IN BOCCA IL SAPORE DEL MONDO 2



(…)Anche per la mia nascita avrei voluto un'occasione di leggenda
      Mi sarebbe piaciuto venire alla luce in mare, su un brigantino
      con il nome di una donna, Irene . E in certe ore sognanti che
      la letteratura concede, mi convinsi che le cose fossero andate
      proprio così. Fu in una casa - invece - che presi vita, in corso
      Manthoné. Pescara era allora un borgo di campagna di
      cinquemila anime morte. Io fui il primo maschio della famiglia,
      dopo due sorelle,e per questo fui molto amato e godetti subito
      di privilegi. Della mia infanzia ricordo soprattutto la Maiella, i
      suoi fianchi profondi, i nevai. E' a quel paesaggio che non ho
      mai smesso di somigliare: un impasto di promontori e di golfi,
     un trabocco pieno di reti protese in mare. Ma a unici anni mio
     padre mi spedì a Prato,in un collegio, perché mi " intoscanissi".
     E' lì che feci il mio voto all'eleganza: non mi sarebbero mai
     mancati sciarpe, guanti e abiti di buona fattura, né un
    inesauribile  valzer di parole in bocca. Posso dire con orgoglio
    di aver fatto ballare tutte le parole che esistono sulle mie labbra,
    senza peso né stanchezza e di averle liberate dalle colonie penali
    dei vocabolari, di avergli ridato vita. Mi sono anche divertito a
    inventarne o ad accoppiarle in modo insolito:la vittoria mutilata,
    il milite ignoto, i vigili del fuoco… L'italiano è come il costume
    di Arlecchino: una veste di infiniti colori e sfumature, una
    girandola di suoni che non si dovrebbe mai barattare per
    qualche giacca usata.
    No, il fiato non l'ho risparmiato.Mi ammalai per la nostra lingua
    di un amore assoluto e inguaribile. Ma se devo dire un nome su
    chi mi contagiò questa febbre, dico Giosuè Carducci. Gli scrissi
    una lettera senza compromessi: avrei consacrato la mia vita alla
    poesia, e questa è l'unica promessa a cui mi sia mantenuto
    fedele. Non avevo ancora sedici anni.
    Pubblicai il mio primo libro e  tutti mi presero sul serio. Sul
    Fanfulla  uscì una recensione a quattro colonne dal titolo
    premonitore : " A proposito di un nuovo poeta ".
    I conti con quel mago di Carducci, e poi con il Pascoli, li avrei
    fatti più tardi, quando, per trovare la mia voce, avrei dovuto
    recidere con loro ogni parentela.  (…)


             Fabio  Stassi    da   Con in bocca il sapore del mondo

CON IN BOCCA IL SAPORE DEL MONDO 3



(…) Ma oltre alla poesia, in collegio, scoprii anche l'amore. Una
       domenica pomeriggio, nella sala deserta di un museo etrusco,
       di fronte ad una statua di bronzo della Chimera, nel momento
       in cui la mia vita stava per diventare la mia arte,e l'arte la mia
       vita, baciai a morsi la bocca a una ragazza che aveva tre anni
       più di me, e si chiamava Clemenza. Quel primo bacio mi portò
       fortuna, perché da allora in poi le donne sono sempre state
       clementi con me. La chiamai, l'ora della Chimera, il momento
       in cui ogni equilibrio tra due esseri si rompe e il desiderio
       straripa. Non molto tempo dopo, spezzai in un postribolo una
       fiala d'essenza di gelsomino.
       Sì, le donne sono state la mia ossessione. A ciascuna diedi un
       nomignolo diverso, perché si ricordassero che in quel modo le
       chiamavo io soltanto, e nessun altro.
       Le ho tradite tutte, è vero. Barbarella, la Duse, le altre. Mia
       moglie, abbandonata anche dal padre, si gettò da una finestra.
       Eppure ogni volta che una di loro si ammalò, le accudii con
       la tenerezza e l'attenzione di un infermiere. Perché tutte - a
       mio modo - le ho amate. E non dico soltanto nel lungo tempo
       che passai con loro  in conclave , quel tempo sospeso di
       piacere e libertà e distrazione che nient'altro  - più del sesso -
       ci regala: l'esperienza della morte prima della morte e dell'
       eterno ritorno. Mi considerarono un corruttore di costumi, e
       la cosa mi fa ancora sorridere; sono stato invece un educatore
       coraggioso. Il sesso è uno scandalo soltanto per gli ipocriti e
       i bugiardi.
       Falsario delle parole e dei sentimenti, dissero di me. Ma il
       poeta è una razza particolare di fingitore, come ha scritto
       bene un mio collega portoghese.
       Le mie donne giuro di averle amate con tutto me stesso: con gli
       occhi, con le mani,con il fiato. Dicevano che quando parlavo
       con loro, mi trasfiguravo, le facevo sentire come se fossero il
       centro dell'universo. Lo erano, per me. Mi restituivano la
       bellezza che mi mancava. Le amavo, e attraverso l'amore, le
       creavo. Come sussurravo loro, io sono un mistero musicale
       con in bocca il sapore del mondo.


                                        Taci. Su le soglie
                                        del bosco non odo
                                        parole che dici
                                        umane.



         Fabio  Stassi   da    Con in bocca il sapore del mondo

giovedì 26 settembre 2019

LA VOCE FLEBILE DI ANNA

 

                                             Sentirai il suono e mi rammenterai...


 
TU MI HAI PENSATA
 
Tu mi hai pensata. Una così non c'è al mondo.
Non può esserci una così al mondo.
Né il medico ti curerà, né il poeta ti disseterà -
l'ombra del fantasma ti assilla giorno e notte.
 
Ci siamo incontrati un anno verosimile,
quando erano avvizzite le forze del mondo,
tutto era in lutto, tutto avvizziva per le sventure,
ed erano fresche solo le tombe.
 
Senza lampioni come pece era nera l'ombra della Neva,
attorno la notte sorda s'ergeva a muraglia.
Ecco così, quando la mia voce ti ha chiamato,
io stessa non capivo ancora che cosa facevo.
 
E sei venuto da me come condotto da una stella,
marciando in un tragico autunno,
sei venuto in quella casa per sempre devastata,
da cui è fuggito uno stormo di versi bruciati.
 
 
 
***
 
E' FLEBILE LA MIA VOCE
 
E' flebile la mia voce, ma non si affievolisce la volontà.
Sono persino alleggerita senza amore.
E' alto il cielo, spira un vento montano
e sono casti i miei pensieri.
 
L'insonnia - infermiera è andata da altri,
non languisco sulla nuda cenere,
e la lancetta curva dell'orologio della torre
non mi pare una stele mortale.
 
Così il passato perde potere sul cuore.
La liberazione è vicina, io perdono tutto,
seguendo il raggio che di corsa sale e scende
sull'umida edera di primavera.
 
 
***
 
QUASI IN UN ALBUM
 
Sentirai il tuono e mi rammenterai,
penserai: desiderava la bufera…
Sarà una striscia di cielo rosso scarlatto,
e il cuore sarà  come allora - in fiamme.
Questo avverrà nel giorno moscovita
in cui abbandonerò per sempre la città,
e correrò verso il riparo desiderato,
lasciando la mia ombra ancora tra di voi.
 
 
***
 
SULLA DURA CRESTA DI UN TUMULO DI NEVE
 
Sulla dura cresta di un tumulo di neve
vaghiamo in un soave silenzio,
entrambi così sereni
verso la tua segreta casa bianca.
E più dolce di tutti i canti intonati
è per me questo sogno avverato,
il dondolìo dei rami toccati
e il suono lieve dei tuoi speroni.
 
 
***
 
QUELLA NOTTE IMPAZZIMMO L' UNO DELL' ALTRA
 
Quella notte impazzimmo l'uno dell'altra,
riluceva a noi solo l'oscurità lugubre,
i canali borbottavano parole loro
e i garofani sapevano d' Asia.
 
Attraversavamo una città estranea,
in un canto fumoso e nell'afa di mezzanotte -
soli sotto la costellazione del Serpente,
senza osare guardarci l'un l'altra.
 
Poteva essere Istanbul o perfino Bagdad,
ma, ahimè, non Varsavia, non Leningrado,
e questa differenza triste opprimeva
come un che di orfanezza.
 
E sembrava: accanto i secoli vagare,
una mano invisibile un tamburo percuotere,
i suoni, come segni segreti,
davanti a noi nel buio volteggiare.
 
Eravamo nella misteriosa caligine,
quasi andassimo su una terra di nessuno,
ma, come feluca di diamante, d'un tratto
la luna si erse nell'incontro- commiato.
 
E se quella notte tornerà a te,
nel tuo destino a me incomprensibile,
sappi: qualcuno ha sognato
quel sacro momento.
 
 
 
 
Anna Achmatova   da       E' flebile la mia voce
 
 
 
     

mercoledì 25 settembre 2019

UCCELLI E NIDO

 
 


                                                     "   Non possiamo impedire agli uccelli
                              del malaugurio
                              di volare;
                              ma possiamo impedire che ci facciano
                              il nido tra i capelli ".



                                       Proverbio cinese


martedì 24 settembre 2019

Presentazione di frida al LIBRO di ROSA MONTERO




Nel 2009, Rosa Montero perde il suo amatissimo compagno di vita, Pablo. Vorrebbe scriverne, per sublimare il dolore, ma non ha mai raccontato se stessa nei libri. Ha sempre messo in scena i suoi sentimenti e le sue emozioni nascosta dietro i personaggi dei suoi romanzi. Mentre sta riflettendo sul da farsi, si imbatte nel diario di lutto di Marie Curie, la grande scienziata che ha perso il marito, Pierre Curie, nel 1906. Nel diario di questa donna serissima, trova un urlo di dolore e di disperazione, un lutto profondo, un amore appassionato. Sente allora che può usare il personaggio di Marie, così grande e così complesso, come uno schermo su cui proiettare le riflessioni e le emozioni che giravano nella sua testa e nel suo cuore da due anni.
Si immaginava che fosse una donna fredda - anche Einstein la descrive così: " Molto intelligente, ma fredda come un pesce" - ma questo breve diario rivela a Rosa una donna molto umana, appassionata e molto vicina al suo modo di sentire. Comincia a indagare, accumulando documentazioni: fotografie, biografie, lettere per tentare di comprendere il mistero di Marie, e più si immerge nella vita di lei, più percepisce risonanze con la propria. Così le due storie si intrecciano in questo omaggio  alla vita, all'amore e alla morte.


                                          ( f. )



INTRODUZIONE ALLA RIDICOLA IDEA 1



(…) Poiché non ho avuto figli, la cosa più importante che mi è
       successa nella vita sono i miei morti, e con ciò mi riferisco alla
       morte delle persone amate. Ti sembra lugubre, forse persino
       morboso? Io non la vedo così, anzi, al contrario: per me è una
       faccenda così logica, così naturale, così vera. Soltanto nelle
       nascite e nelle morti si esce dal tempo: la Terra arresta la sua
       rotazione e le banalità in cui sprechiamo le ore cadono sul
       pavimento come polvere di porporina. Quando nasce un
       bambino o muore una persona, il presente si spacca a metà e ti
       lascia intravedere per un istante la crepa di ciò che è vero:
       monumentale, ardente e impassibile. Non ci si sente mai tanto
       autentici quanto bordeggiando quelle frontiere biologiche: si
       ha una chiara coscienza di vivere qualcosa di enorme.
       Molti anni fa, durante un'intervista, il giornalista Inaki
       Gabilondo mi disse che la morte della sua prima moglie,
       scomparsa giovanissima per un cancro, era stata molto dura
       sì, ma anche la cosa più importante che gli fosse accaduta.
       Le sue parole mi impressionarono: difatti le ricordo ancora.
       Allora credetti di capire bene ciò che voleva dire, ma dopo
       averlo sperimentato l'ho capito meglio.
       Non tutto è orribile nella morte, per quanto un'affermazione
       simile sembri una bugia.
       Ma questo non è un libro sulla morte .  (…)


Rosa Montero  da   La ridicola idea di non vederti più ( La storia di Marie Curie e la mia )

INTRODUZIONE ALLA RIDICOLA IDEA 2



(…)In realtà non so bene che cos'è, o cosa sarà.Ce l'ho qui- adesso
     - sulla punta delle dita, appena poche righe su un tablet, un
   cumulo di cellule elettroniche ancora indeterminate che potranno
   essere abortite con grande facilità. I libri nascono da un germe
   infimo, un ovuletto minuscolo, una frase, un'immagine, un'
   intuizione; e crescono come zigoti, organicamente, cellula dopo
   cellula, differenziandosi in tessuti e strutture sempre più 
   complesse fino a diventare una creatura completa e spesso
   inaspettata. Ti confesso che ho un'idea di ciò che voglio fare con
   questo testo, ma il progetto resisterà fino al finale o comparirà
   qualche altra cosa? Mi sento come il pastore di quella vecchia
   barzelletta che sta intagliando un pezzo di legno con un coltello;
   quando un passante gli domanda: " Che statuetta sta facendo?",
   risponde: " Beh, se viene fuori la barba, sant' Antonio, e sennò l'
   Immacolata Concezione ".
   Adesso so che scrivo per cercare di dare al Male e al Dolore un
   senso che in realtà so che non possiedono.
  " L'arte è una ferita che si trasforma in luce", diceva Jorges
   Braque. Abbiamo bisogno di quella luce, non soltanto noi che
   scriviamo o dipingiamo o componiamo musica, ma anche noi che
   leggiamo e guardiamo quadri e ascoltiamo un concerto. Tutti
   abbiamo bisogno della Bellezza perché la vita sia sopportabile.
   L'ha detto benissimo Fernando Pessoa :" La letteratura, come l'
   arte in generale, è la dimostrazione che la vita non basta ".
   Non basta, no. Perciò sto scrivendo questo libro. Perciò lo stai
   leggendo.  (…)


Rosa  Montero  da  La ridicola idea di non vederti più ( La storia di Marie Curie e la mia )

LA RIDICOLA IDEA DI NON VEDERTI PIU' 1

 
 

"A volte ho l'idea ridicola che tuto questo sia un'illusione e che tornerai…"  ( M. Curie )


(…) Il vero dolore è indicibile. Se riesci a parlare di ciò che ti
       angoscia, sei fortunato: significa che non è così importante.
       Perché quando il dolore ti cade addosso senza palliativi, la
       prima cosa che ti strappa via è la Parola. E' probabile che tu
       riconosca quello che dico: forse lo hai provato perché la
       sofferenza è una cosa comunissima in tutte le vite ( così come
       la gioia ). Parlo di quel dolore che è così grande che non
       sembra nemmeno nascerti dentro, ma è come se fossi stata
       sepolta da una valanga. E così rimani. Tanto seppellita sotto
      quelle sassose tonnellate di pena da non poter neanche parlare.
      Sei sicura che nessuno ti sentirà.
     Adesso che ci penso,in questo il dolore è molto simile alla follia.
     Nell'adolescenza e nella prima giovinezza ebbi diverse crisi di
     angoscia. Erano attacchi di panico repentini, nausee, sensazioni
     acute di perdita della realtà, terrore di stare impazzendo. Ho
     studiato Psicologia all' Università Complutense proprio per
     quello: perché pensavo di essere pazza. In realtà, credo che
     questo sia il motivo per cui il novantanove per cento dei
     professionisti del settore studia psicologia o psichiatria ( il
     rimanente uno per cento è figlio di psicologi o psichiatri,e quelli
     sono messi ancora peggio ). Sia chiaro, non mi sembra un male
     che sia così: avvicinarsi alla pratica terapeutica avendo
     conosciuto cos'è lo squilibrio mentale può darti più
     comprensione, più empatia. A me quelle crisi d'angoscia fecero
     aumentare la conoscenza del mondo. Oggi sono contenta di
     averle avute: così ho saputo che cos'era il dolore psichico, che è
     devastante per quanto ineffabile. Perché la caratteristica
     essenziale di ciò che chiamiamo follia è la solitudine, ma una
     solitudine monumentale. Una solitudine tanto grande che non
     entra nella parola solitudine e che non si può nemmeno
    immaginare, se non la si è provata.E' sentire che sei disconnessa
    dal mondo, che non potranno capirti, che non ha Parole per
    esprimerti. E' come parlare una lingua che nessun altro conosce.
    E' essere un astronauta che galleggia alla deriva nella vastità
    nera e vuota dello spazio esterno. E' di quel tipo di solitudine
    che sto parlando.E nel vero dolore,nel dolore - valanga, succede
    qualcosa di simile. Sebbene la sensazione di disconnessione non
    sia così estrema, anche in quel caso non puoi condividere né
    spiegare la tua sofferenza. Lo dice anche la saggezza popolare :
    Tizio è impazzito di dolore. La pena acuta è un'alienazione.
    Taci e ti chiudi in te stesso.  (…)


Rosa  Montero  da  La ridicola idea di non vederti più ( La storia di Marie Curie e la mia )