Amava la poesia di Ripellino
che giudicava splendida e geniale.
E' tutto ciò che so di una vita.
La primavera è comparsa di colpo
e d'erba alta ha già inondato i giardini.
Passo tra false spighe e ombrelli di fiori.
Lo splendido mistero verde si rinnova,
la diffusa follia resta incurabile,
e ne fiorisce a suo modo il notiziario,
mentre al portatile apprendo che è partito
per altra destinazione questo amico
soltanto virtuale.
Mi rendo conto che ora ne sto male,
però di lui ( stranezze della vita
nell'era dei mass media )
non so davvero niente. E nemmeno
alla casella delle " Informazioni"
ho posto mai se non vaga attenzione.
Ci siamo sempre scritti, solamente,
brevi commenti su post letterari.
Di lui sbiadisce e va via una vaga idea
fantasticata su una fotografia,
sul suo cognome armeno,
il volto povero e scavato di un Cristo
di un'icona orientale,
ma senza barba, attonito, smarrito
- anche quando gioviale
( scorrendo il wall ) da un letto d'ospedale -
lo sguardo :
un po' come L'uccello sbalordito di
Jiri Kolar sulla sovracopertina
di un certo ballatesco, astrale libro
del tardo nostro amato Ripellino.
Alessandro Fo da Filo spinato
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