La nostra debolezza si fa grande
delle piccole cose di ogni giorno.
Spesa, dottore, tasse, qualche incontro,
il giornale sfogliato nel caffè,
un titolo in vetrina che cattura.
Presto per l'aria brillerà la rondine
sfuggita come il sogno al sognatore.
Ma ne è in realtà l'effigie nella luce
che fa festa nei giochi del bambini.
Dentro la vita semplice, così è scritto.
***
La foto degli amici nella camera.
Sbucano tra i libri, fanno appena
capolino accennando, li riaggiusto,
chi dentro, chi più avanti, perché
appaiano tutti, sopra la mensola.
Poi mi perdo a fissarli, e duro in essi
e con essi trasvolo.
E penso a come inquieta questo tempo
se sono stretto a me. Come divaga
la vita, e come fugge. E come invece
sazia se resto semplice e ancorato
altrove, spossessato nella luce.
***
Siamo la nostra memoria. Un complesso caleidoscopio
in cui si fa nuovo il ricordo e si sommano i giorni;
la nostra stessa carne è questa memoria che si espande
e si riassume. Come nascemmo già sapendo piangere
e sbadigliare, altrettanto in noi un universo si muove
e cresce imprimendosi un volto e una dimensione
che si connette a un mondo altro da noi.
Siamo i bagliori della nostra sapidità,
i punti fermi delle infinite rinascite.
Siamo un costrutto di attimi che si dibattono
e si ricompongono. La cernita incasuale
tuttavia ci sorpassa. E appaiono voci
lontane, sagome nella foschia che ci convocano
a un delicato presente di nuove abitudini.
Ci appartiene o no, questo filo di volti?
Siamo o non siamo noi? Quale traccia
dovremo riprodurre per crederla viva?
Pietre, ninnoli, aneddoti
che si intersecano nella fitta nuvolaia
dove appare un lampo di chiaro,
come un filo d'azzurro. E ci allontaniamo.
Guarda indietro, se puoi. Cogli ancora
tutto quello che sei. Fatti condurre
con il bagaglio intero al di là del fiume.
***
Non scampa al rigore
il primo lembo di settembre. Invano
tornano le giornate chiare
ma un brivido acuminato le percorre
e ne allontana il cuore dell'estate.
Le spiagge aperte ormai
alla assolata solitudine, l'acqua
di nuovo impraticabile e gelida.
Se le raggiungi con lo sguardo trema
dentro di te la vita, t'infuturi
nella linea sperduta dell' orizzonte.
Già sei oltre, nei nidi.
***
Fosti ai miei occhi come lo scrimolo
del quale chi ha ventura scopra prima
l'irsuto volto, l'asperrima cima
che diventa il viandante a proseguire.
Ed egli non si astenne, però.
T'aggirava con astuta civetteria
( o era il suo desiderio di raggiungerti? )
In un balzo fu uomo e ti conobbe
lì dove il cuore èrgota e s'azzurra,
s'abbruna il sangue e sròndina. Ma alta
ne è la gazzarra, rimontante il botro.
Un esplodere d'acqua tra le giuncaglie
e il formichìo.
La luna ti recinta dentro il buio.
Filippo Davoli da Dentro il meraviglioso istante
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