venerdì 9 novembre 2018

IL SILENZIO E' COSA VIVA 1




" Se vuoi che gli altri siano felici, pratica la compassione; se vuoi essere felice tu, pratica la compassione ". ( Dalai Lama )


LA COMPASSIONE

(…) Si dice che l'insegnamento del Buddha sia un uccello: un'ala è
       la saggezza, l'altra è la compassione.
      Compassione è una parola chiave dell'arte di risvegliarsi, apre
      le porte del cuore, lo dissoda, lo innaffia e lo invita a fiorire.
      Con tutte le parole incrostate di idealizzazioni, va spolverata,
      lavata a fondo, rimessa al sole del mondo perché si asciughi
      bene dalla lacrime della commiserazione  dell'attenzione
      esclusiva al dolore della condizione umana.
      In sanscrito e in pali si chiama karuna e alla lettera significa "
      provare un tremito del cuore in risposta alla sofferenza di un
      essere ". Ma chi non prova alcun tremito per la propria
      sofferenza, chi non si accoglie, non si custodisce quando soffre,
      è impossibile che possa sentire vera compassione per la
      sofferenza di un altro. Altrimenti, è solo una virtù artefatta
      interpretata con esaltazione o con sforzo che sfocia in un
      violento tagliar fuori se stessi e imporsi pietosi e invadenti all'
      altro, senza il sacro rispetto per i confini, le differenze, i
      i percorsi: è senza corpo. Si può diventare molto presenti
      quando un altro soffre, pronti, efficienti, assidui e poi
     abbandonarlo appena sta bene,invidiarlo o ignorarlo se è felice.
      Sento che è indispensabile affiancare alla pratica della
      compassione, quella di mudita , la gioia per la gioia dell'altro,
     molto poco nota e di cui avremmo così tanto bisogno per curare
     le nascostissime ferite dell'invidia e della gelosia, che hanno
     invece tanto bisogno di venire alla luce, di essere viste e accolte
     per non essere agite mascherate da tutt'altro.
     Ogni pratica che riguardi il sentire e i sentimenti è rischiosa,
     perché può indurci a falsare quello che sentiamo e a
     mascherarlo con la sua complementare virtù. Se si chiamano
    " pratiche" significa che partiamo da un non-sapere, un non
     essere già buoni, giusti, veri e che ci vuole un apprendistato per
     risvegliare in noi qualità nascoste e originali. Si parte da dove
     siamo-onestamente -scoprendo i nostri angoli bui: l'indifferenza
     la crudeltà, l'onnipotenza, il voler far passare all'altro il male
     al più presto, il togliergli la dignità della ferita e la possibilità
     di trovare i suoi personali strumenti di risposta giusta e di
     guarigione .(…)


Chandra Livia Candiani  da  Il silenzio è cosa viva ( L'arte della meditazione )


2 commenti:

  1. Molto bello, lancia diversi spunti di riflessione per fare verità con noi stessi e nelle relazioni con gli altri... Azzeccata come sempre la scelta musicale...

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  2. Anche a me è piaciuto questo piccolo libro di meditazioni di Chandra. La conoscevo già come poeta ( puoi leggere sue liriche in questo sito ), e la profondità del sentire è la stessa. Non delude.
    Grazie

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