(...) " Io non so ben ridir com'io v'entrai..."
Prendo a prestito da Dante - ma quale toscano non lo fa? - un
verso per narrare lo straniamento d' Orcia. E' la proiezione in
un altrove dove il confine spazio- temporale svapora come le
nebbie autunnali per collocare il viandante in un perpetuo
adesso che è al medesimo istante, ieri, oggi e domani. Quasi
che si fosse imbarcati su un pendolo percettivo che oscilla tra
un attuale passato e un futuro remoto; quasi che l'inseguirsi di
poderucci e rocche, di forteti e campi faticati, di colli e di
rapide pianure non avesse una definizione netta, ma fosse un
agglomerato di panorami che si fanno musivo- paesaggio.
Dov'è il confine della Val d' Orcia? Come tracciarlo se questa
femminea fessura delle terre di Siena è definita da un fiume-
torrente che s'inorgoglisce di improvvise piogge fino a farsi
precipizio liquido? L' Orcia pare riversarsi nell'oceano di
vigne ondeggiati e di colli sabbiosi - dune ancor più all'
apparenza vacue del deserto perché di lucore vestite - che
sembra frangersi come uno tsunami contro la scogliera del
cielo. E ancora: come percepire l'ingresso in una terra che
tanto mutevole appare all'occhio da non riuscire a vedere
l'unità sia pure approssimata per difetto? Sì, non so ben ridir
com'io v'entrai. Perché ci sono capitato cadendo nel gorgo di
una vertigine da Ripa d' Orcia; ci sono giunto a dorso di un
criptico elefante ( così appaiono i grigi arcuati profili delle
Crete, schiene di pachidermi che percorrono piste sotterranee
e al loro lento incedere determinano il mutarsi del profilo
della terra); ci sono sbucato dalla selva del " monte dei Lecci"
quando, valicato il passo del " Lume Spento" s'intravede oltre
i rovi e oltre le vigne il nastro rilucente e inquieto dell' Orcia
che si increspa per la frenesia salmastra della foce. Perché
l'ho desiderata dalla vetta dell' Amiata e traversati i
castagneti, scavalcati i dossi di roccia, risolti i silvestri
labirinti delle foreste ultramaremmane sono uscito fuori - dal
pelago delle aspirazioni alla riva della concretezza - a
contemplarne l'armonica complessità. E ogni volta non è un
riandare, ma è un ritorno, una risacca geografica che scava
interiormente e muta l'incontro con la Val d' Orcia . (...)
Carlo Cambi da Orcia miseria ( Quando campare era un rimedio)
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